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Ma a Firenze, in special modo, Egli prodiga l'ingegno nobilissimo: al bel S. Giovanni, sospiro continuo dell'esule Dante, alle Chiese di Santa Croce e di Santo Stefano lavora con grande amore, e compie i restauri di Santa Trinità, che già l'architetto Giuseppe Castel-lazzi aveva iniziati, e pensa e mette insieme, e ordina il preziosissimo museo dell'opera del Duomo, e riesce a costruire -le due celebratissime Cantorie di Donatello e di Luca della Robbia che erano quasi andate disperse.
Nè queste sono tutte le opere di Luigi Del Moro — una sola delle quali basterebbe a dar fama ad un artista — chè l'attività sua prodigiosa, la febbre incessante che lo spingeva a non darsi riposo mai, e che doveva fatalmente trarlo a morte immatura, si esplicarono in altri numerosi lavori d'arte.
Egli edificò, in fatti, numerosissime cappelle gentilizie ne' Camposanti fiorentini e livornesi, e il Cimitero monumentale di Città di Castello, la quale, riconoscente, nel 1900, innalzava a Lui, al De Fabris, e al Della Porta, un monumento, a cui vigilò il professor Giuseppe Castellucci, che al Del Moro successe nell'opera del Duomo fiorentino e che volle, gentilissimo, come già aveva fatto pel busto del suo compianto predecessore a Firenze, ornare vagamente di marmi l'immagine bronzea di Lui, che dianzi si è scoperta a Livorno.
E le ultime opere del fecondo ingegno di Luigi Del Moro fanno sempre più rimpiangere che Egli sia stato così presto rapito all'Arte e alla Patria.
In fatti, quando la Maestà d'Umberto lo volle architetto de' Reali Palazzi, Egli sorrise subito alla fiducia del Sovrano, ideando e ordinando il grandioso Museo di ceramiche e d'argenti nelle sale di Pitti, e co-