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Capitolo terzo
ma del Maestro suo, l'illustre Emilio De Fabris, de' suoi collaboratori, de' suoi discepoli, diceva con amore e compiacimento grande, e alle meritate lodi che a lui si facevano, egli si schermiva, rispondeva con un tenue sorriso, e altri subito lodava, e agli altri volentieri attribuiva ciò che gli si ascriveva ad onore.
Con quanto ardimento sicuro egli percorse l'aspra via dell'Arte ; quanto nobilmente combattè, fiducioso nella vittoria, i non rari nemici; come seppe, conquistata la gloria, dimostrare che egli era buono, quanto era valente!
Il padre suo, modesto negoziante, secondò la inclinazione del figliuolo amatissimo, e, fattigli fare i primi studi coll'ingegner Magagnini, l'architetto del palazzo De Larderei, e nella scuola Michoniana, col prof. Ghe-lardi, solo dopo tre anni ebbe la soddisfazione di vedere il giovanetto nominato assistente alle Regie fabbriche.
Ma nel 1864, Luigi Del Moro, diciannovenne, entrava all'Accademia di Belle Arti, a Firenze, e subito riusciva a farsi segnalare tra' condiscepoli dall' insigne De Fabris, e in breve tempo, fra maestro e scolaro, nasceva quella profonda affettuosa reciproca stima che .doveva poi tenerli, per tutta la vita, uniti dolcissimamente. Con quali amorevoli parole il Del Moro ricordava il giorno in cui il Maestro suo lo aveva invitato a coadiuvarlo nello insegnamento dell'Architettura, in quella stessa Accademia dalla quale era uscito trionfante, e come attribuiva alla bontà paterna di Lui, la meritata fiducia che il De Fabris aveva nel discepolo carissimo, attestatagli col chiamarlo a lavorare alla facciata del tempio immortale di Santa Maria del Fiore!
Chi non ricorda le fiere luminose battaglie di que' giorni ormai lontani? Non mai come allora, forse, Fi-