Discorsi inaugurali
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dolore; essa si levò sdegnosa contro i nostri oppressori ed ai primi albori del nostro risorgimento, in un fulgido sogno di fratellanza, acclamando all'epopea dei Mille, dallo scoglio di Jersey, scioglie un inno gridando :
« Plaudiamo, plaudiamo concordi all'Italia, glorifichiamo questa terra delle grandi concezioni. Voi che mi ascoltate, diceva, ve la immaginate questa splendida visione d'una Italia libera? Libera dal golfo di Taranto alla laguna di San Marco? Ciò che era menzogna e finzione, cenere e notte, si è dissipato. L'Italia esiste, l'Italia è l'Italia. Ov'era un'espressione geografica vi è una Nazione, ov'era un cadavere c'è un'anima, ov'era uno spettro s'erge un arcangelo, l'immenso arcangelo dei popoli, la libertà, dritto in piedi con le ali spiegate ».
La profetica visione si è avverata, e qui in Campidoglio Roma riceve commossa e reverente, nel nome d'Italia libera da lui vaticinata, l'effige del Grande, che si eresse paladino della unità nazionale.
Roma ricorda; ricorda la parola del poeta immortale, che per noi vibrò sempre ardente, ispirata, entusiasta, che ci sorresse nei giorni oscuri, c'infiammò nei giorni di speranza, ci glorificò, nei giorni della redenzione.
E come figli di una stessa madre, cari furono i nostri proscritti a quell'anima generosa.
Manin, Mazzini, Garibaldi, tutta la pleiade degli austeri eroi, che avevano giurato di far libera la patria o di morire per essa, furono da lui accolti, difesi ed esaltati in un'aureola di gloria.
Magnanimi sensi, di quegli spiriti fatti per attrarsi, esempi luminosi di abnegazione e di fede, eredità gentile della riconoscenza, che quei tempi ci tramandarono pel Sommo, che dei nostri grandi era stato fratello nella sventura.