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d'insegnamenti e di aiuti esiste fra le nazioni, così che ciascuna è maestra insieme e discente. Ricorda quel che la Grecia diede a Roma e questa alla Rinascenza italiana e la Rinascenza al mondo ed alla civiltà moderna.
Rilevando gli influssi vicendevoli che da secoli corrono fra l'arte nostra e quella degli altri popoli ricorda come si ispirassero alle magnificenze della tavolozza del Tiziano e di Paolo Veronese, il Rubens e Van Dyclc e Velasquez ed altri grandi che l'Italia considera quasi come proprie glorie. Rammenta i nostri compositori di musica del seicento e settecento correnti l'Europa a spargere e fecondare i semi della loro arte divina, la luce nuova che viene dal Nord e che ci redense dal virtuosismo, la genialità ravvivatrice del Rossini, l'austero richiamo del Wagner a nuova severità d'intenti e di studi, e l'opera del Verdi che con il genio e con l'arte rinnovò la tecnica dei nostri padri. Simile fatto si era già avverato innanzi nelle arti figurative, ed egli ricorda per la scultura la scambievole influenza della francese del Duecento sulla nostra, e della nostra sulla straniera della Rinascita; ed anche per la pittura e la letteratura rievoca esempi di ricambiati influssi.
Le alleanze degli spiriti colti, conclude, precedono a rafforzare quelle politiche, e mezzo efficace per raggiungere o mantener l'accordo tra i popoli è la fratellanza internazionale dell'arte, onde le nazioni salutano nell'esposizione di Venezia un'opera di pace e di civiltà nel senso più alto e moderno.
Il Ministro trae da un nobile pensiero scritto, nella stagione prima del nostro Risorgimento politico, dal Tommaseo (nome caro a Venezia) sulla funzione sociale dell'arte, occasione a constatare come arte, scienza e mestiere ormai procedano concordi in un'opera di