Discorsi inaugurali __ 173
Quest'idea dominante generò la grandezza di Roma e rimase nelle nazioni, che si affermarono dopo spezzata la grande unità dell' impero.
Prima ancora che il Foro romano, da semplice area di mercato per le derrate di agricoltori federati, divenisse Comizio di popoli, nell'Urbe, come in tutte le altre città nostre del continente e delle isole, l'agricoltura fu tutto. I fratres arvales, — che da Romolo alla fine dell'Impero custodirono la religione dei campi — e di cui si conservano, e il fatto pare un ammonimento e un augurio, i segni e le memorie non a Roma soltanto, ma a Londra, a Berlino e a Parigi, crearono una fede, una dottrina e una politica dell'agricoltura intesa come arte di Stato, al modo stesso che il grande filosofo sperimentatore dell'antichità, dopo intuita e provata la funzione provvidenziale delle leguminose sul terreno agrario, ne consacrava la coltivazione con misteri liturgici.
A Roma poteva divenire cittadino e soldato, cavaliere e magistrato colui soltanto che sapesse e potesse lavorare la terra.
Tutte le contese civili e sociali del popolo romano nel periodo aureo della libertà, si agitarono, tra i partiti popolari e il ceto dei conservatori, nella competizione eterna delle leggi agrarie ; dalla Curia e dal Foro si diffuse per tutta Italia il fermento delle rivendicazioni nazionali e al di là delle Alpi il sentimento della inviolabilità del lavoro umano. I giureconsulti romani diedero la norma del diritto al variabile intreccio degli interessi.
La Musa latina fu minore alla greca per verginità d'ispirazione e per geniale concezione della vita; non supera forse per luce intellettuale e per finezza di sentimento la poesia di popoli moderni prediletti dall'arte.
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