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celebriamo oggi il primo Congresso: ed io saluto in Voi i delegati dei Comitati diversi, che già essa ha costituito in molte parti d'Italia. Chi considera quante sono le nostre preoccupazioni e distrazioni, e da quante parti ci dobbiamo riguardare, e quante cure assumere per sollevare in ogni aspetto questa Società italiana all'altezza dei fini ch'essa si è proposta nel costituirsi a unità politica, riconoscerà che non è piccola l'opera già fatta, quantunque assai lontana da quella che resta a fare, l'opera, dico, iniziale del destare interesse nel paese per il fine, che questa Società nostra si è prefisso, e del raccogliervi intorno persone desiderose e persuase che si promuova. Giacché quanto all'opera necessaria a recarlo via via in effetto, non l'abbiamo neanche principiata, e spetta a questo Congresso di deliberarne i modi, i mezzi, i passi.
Noi speriamo che il fine stesso non desti gelosia e sospetto in nessuna parte. Noi diciamo apertamente e schiettamente quale esso è. A chi può parere soverchia ambizione la nostra, a chi troppo scarsa; ma è quella che è. Non vogliamo nè oltrepassarla, nè rimanere al di qua. Noi non entriamo in gara con nessuno Stato ; entriamo in gara, in ciascuno Stato dove italiani vivono, colle influenze nazionali, che vorrebbero soffocare la loro, la nostra. Noi vogliamo venire dappertutto dove italiani sono, in loro aiuto, contro gli sforzi che si tentano da più parti, in più modi, da governi, da popoli, per disitalianarli, se la parola mi è lecita, per farli francesi, inglesi, tedeschi. Senza presumere di unire in un solo corpo di nazione le persone loro con le nostre, vogliamo tenere uniti coi nostri i loro cuori, i loro intelletti, i loro costumi, la loro intuizion della vita. Chi ci può negare, che facciamo bene? Chi può vietarci di farlo, a noi che siamo gli ultimi pur troppo a farlo?