74 Capitolo terzo
Quante sommità della rivoluzione francese, cresciute sotto l'influenza di temporanei entusiasmi o di effimere gratitudini non hanno potuto resistere al dente edace del tempo o alla severa prova della storia!
Molti furono i chiamati, pochi gli eletti!
Se il breve tempo assegnato a questo discorso me lo avesse consentito, benché manchi ancora il metro politico per misurar l'altezza degli uomini di Stato, vorrei dimostrare come Camillo Cavour sovrasti a Ottone di Bismarck, ad Adolfo Thiers, a Guglielmo Gladstone, a Leone Gambetta e a Frère Orban : i soli statisti veramente superiori che possono, nel secolo scorso, contendergli l'onore del primato.
La superiorità di Cavour su Bismarck.
Non ci paiono paragonabili, per dir di un solo e del maggior dei suoi emuli, con quelle del Bismarck, le difficoltà contro le quali si dovette cimentare il conte di Cavour.
La Germania, prima di Bismarck, era stata redenta dalla riforma, da Kant, da Goethe, da Schiller, dalla guerra nazionale contro Napoleone I e non aveva stranieri in casa. L'Italia, divisa, avvilita dalla doppia tirannia umana e divina, teneva le sue migliori provincie signoreggiate dall'Austria. La Prussia egemonica, con diciotto milioni di abitanti, con un esercito formidabile, da lunga mano pronto all'ora del riscatto; il piccolo Piemonte, miracolosamente audace e forte, ma sempre piccolo. Il Cancelliere tedesco, ottenuta la fiducia del suo Re, tutto stringeva nel pugno di ferro.
Ma Cavour doveva disciplinare la rivoluzione. Garibaldi e Cavour, le più belle e fiere teste di condottieri di popoli, che illuminasse il sole d'Italia dopo gli an-
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