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Capitolo terzo
poeta, che alle bellezze della natura e agli incanti del mare ha consacrato il fascino irresistibile della parola e del verso.
Discorso pronunciato in Campidoglio in occasione del Cinquantesimo anniversario della Proclamazione del Regno d'Italia, da S. M. Vittorio Emanuele ///(')•
Sul Campidoglio, vaticinato dal sommo Poeta latino, eterno come Roma, stanno oggi attorno al Re i liberi rappresentanti del Parlamento e. dei Municipi simboli viventi dell'Unità politica indissolubile e delle franchigie locali.
Io vi saluto evocando la memoria dei pensatori, degli eroi e dei martiri, ai quali dobbiamo la Patria.
In questo convegno nazionale, irresistibile e fervido esce dai nostri petti il giuramento di rendere l'Italia sempre più libera, più felice, più rispettata nel mondo.
Nelle legittime impazienze, aspiranti a migliori fortune, giova riconoscere che non si riparano in breve tempo gli effetti di lunghi secoli vissuti nella divisione e nel servaggio.
Per il nostro Paese corse un'età anche più miseranda di quella dipinta dal Segretario fiorentino, quando mancata la concordia dei cuori e delle armi, la disciplina
(') Il 28 Marzo 1911 celebrandosi in Campidoglio il Cinquantesimo anniversario della proclamazione del Regno d'Italia, S. M. il Re pronunciò dal trono questo raccolto, magnifico, applaudito discorso, elevato a quella altezza politica, quale il momento lo richiedeva, specie ove proclama la libertà delle chiese conviventi con lo Stato, delle religioni e della scienza, quale l'Italia sola ha saputo mantenere.
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