Storia di Roma di Ettore Pais

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      anacronismi circa la legislazione delle xii tavole. 5S9
      viro Appio Claudio ò 1111 pseudo antenato del celebre censore del 312 a. C., con il quale venne nel fatto confuso, (') che infine tutto ciò che si narra dei decemviri è pura fantasticheria, si comprenderanno le varie versioni intorno a codesta magistratura e come mai Diodoro riferisca alle pseudo leggi Valerie del 449 quelle disposizioni che, stando alla stessa tradizione, vennero approvate con le leggi Licinie Sestie del 307 e con quelle Valerie del 342 o del 300 a. C.
      Le molte divergenze relative alle vicende del decemvirato ed alla redazione delle leggi delle XII tavole dipendono da versioni diverse, anzi fra loro contradditorie, le quali più tardi vennero malamente amalgamate e fuse. Secondo alcune tradizioni il decemvirato era stata una magistratura onorevole ed aveva formulato quel corpo di leggi, che anche più tardi avevano valore; (*) secondo altri invece le leggi patricie dei decemviri erano state rivedute da Valeri ed Orazi, i consoli popolari. La narrazione intorno ai primi decemviri, che nel primo anno sarebbero stati esclusivamente scelti fra i patrizi e che nel secondo avrebbero avuto nel loro seno alcuni plebei, è in opposizione, come vedemmo, con la tradizione, che solo più tardi, per effetto della rogazione Canuleia, si abrogò la disposizione sancita appunto da codesti secondi decemviri intorno alle nozze fra patrizi e plebei. Questa contraddizione è eliminata allorché si riconosca che accanto ad una versione secondo la quale i decemviri sarebbero stati tutti patrici ed ostili alla plebe, ve ne era un'altra che supponeva, che sino dal 450 i plebei fossero stati ammessi alla partecipazione delle più alte cariche dello stato. Alla fusione di codeste due redazioni contribuì del resto, come tostoXL1II, 3, 1. Il non aver compreso che i Massalioti, desiderando rendere più antiche e venerande le loro relazioni con tali popoli, fecero deliberatamente tale anticipazione, ò causa per cui anche oggi alcuni dotti francesi cadano in gravi errori allorché narrano il più antico periodo della storia del loro paese.
      (') Infatti Plutarco, q. Hom. 55, riferisce al tempo del decemviro Appio Claudio l'aneddoto dei " tihicines „ andati a Tibur; aneddoto che da Livio, IX, 30, ò ricordato per l'anno 311 a. C., al tempo della censura di Appio Claudio Cieco. Sul significato di tale racconto v. s. p. 547, n. 2; cfr. oltre al cap. Vili.
      (') Cfr. Liv. Ili, 34, 6; Dion. Hal. X, 57.


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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