Storia di Roma di Ettore Pais

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      caI'. iv. - dalla cacciata dei Re etc.
      la storia autentica dello agitazioni agrarie di Siracusa, d'onde probabilmente giunsero il mito ed il culto ellenico di Cerere, racconti, per lo stesso periodo in cui si suppone vissuto Minucio, un fatto molto somigliante a quello di Spurio Melio. (')
      Le indicazioni topografiche contenute nella leggenda di Melio e Minucio appaiono di recente redazione, come quelle fornite dai miti sui sette re. Ci si parla di una statua dorata dedicata a Minucio, mentre d'altro lato ci è affermato che 1111 monumento di tal genere non sorse in Roma prima del 181 a. C. (*) L'annalistica romana procede con quello stesso arbitrio 0 con quella medesima spen-
      sau ad Cl/j. XIV, p. 367 sg.) e poiché tibnrtino era anche Octavius Ersenna, par chiaro perchè il dio romano detto prima Invitto diventò poi Vittore. Il Wissowa, amdecta Romana topographicu (Halis, 1897, ind. schol.) che ha certo dimostrato che il tempio Ercole sul Foro Boario o meglio presso al Circo è molto più antico di quel Pompeo Magno che lo restaurò e risale per lo meno al tempo di Paolo Emilio il vincitore di Pidna, ragionando di codesto Hercules Victor sulla storia di Ottavio Ersenna dice: " a'ixiov est, quo explicetur, quomodo deus a mercatoribus inprimis decumis celebratus Victor dici potuerit „ p. 12.
      Ma non vedo perchè questa notizia non possa derivare realmente dallo stesso Ottavio Ersenna, ossia da colui che, non dopo i tempi di Varrone, compose un libro " de sacris saliaribns Tiburtium „ in cui si discuteva dei sacrilici che codesti Salii dovevano fare ad Ercole, Macrob. Ili, 12, 6. i culti di Tibur possono aver posteriormente modificato il rito di Ercole come realmente modificarono od accrebbero le cerimonie di quello di Giove al tempo di Appio Cieco, come si ricava dal celebre aneddoto ricordato v. Liv. IX, 30, 5, ad a 211; sul che v. oltre. Il culto di Ercole detto Inventore od Invitto e poi Vincitore, a Roma era però venuto direttamente dalla Grecia, prima ancora della censura di Appio Cieco che ne riconobbe il valore ufficiale, Liv. IX, 29 ad a. 312 a. C. Del resto mi basti d'aver qui accennate quistioni a cui do svolgimento più ampio altrove.
      (') Sulla storia del siracusano Tindaride (che ha molti punti di contatto con quella di Spurio Melio, Dion. XI, 86 ad a. 454), ed intorno agli altri confronti che paiono potersi trovare tra la storia delle agitazioni plebee siracusane e le pseudo-sincrone agitazioni plebee romane rimando a quanto faccio osservare nella speciale memoria s. c.; v. il voi. di complemento al presente.
      (2) Liv. XL, 34: " statuamqne auratam, quae prima omnium in Italia est statua aurata, patris Glabrionis posuit „; Val. Max. II, 5, 1 : " Statuam auratam nec in Urbe ncc in ulla parte Italiae quisquam prius aspexit quam a M\ Acilio Glabriono equestris patri poneretur in aede Pietatis „. Va tuttavia notato che di già nel 190 a. C. Livio, XXXVII, 3, 7, parla di * signa aurata „ dedicati sul colle Capitolino da Scipione Africano.


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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