Storia di Roma di Ettore Pais

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      genesi del mito di mucio scevola.
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      questi pregi risplendono nella maggior parte delle leggende che abbiamo avuto occasione di esaminare. Ma se il valore e la costanza sono glorificate anche nel mito di Scevola, che in parte per effetto di redazioni posteriori è dipinto quale uno schietto rappresentante dello stoicismo romano e dell'indifferenza nel sopportare il dolore, (l) ò pure evidente che nel mito di Clelia e di C. Mucio Scevola fa interamente difetto quella buona fede verso il nemico della quale i Romani si vantavano altamente, e che era celebrata con così caldi elogi anche dagli storici forestieri come Polibio. Roma seppe talora trar partito dal tradimento, ma a somiglianza di Sparta non glorificò mai il traditore, anche quando si avvantaggiò dell'opera di lui. Nella storia autentica, le arti diplomatiche con cui gli ambasciatori romani miravano ad ingannare Perseo erano oggetto di biasimo; (*) nella leggenda o nella storia, a seconda dei casi, i Romani dichiarano infame Tarpeia e il campano Decio, e portano alle stelle Fabricio, che respinge l'offerta di liberarsi con il veleno di Pirro, la lealtà di Attilio Regolo e dei prigionieri, che dopo la sconfitta di Eraclea e di Canne, ritornano nel campo nemico. È mentre la leggenda romana esalta Clelia, che contro la fede data abbandona il campo di Porsenna, la vera storia copriva di obbrobrio quei prigionieri romani che con un cavillo si erano dolosamente svincolati dall'ohbligo di ricondursi nel campo di Annibale. E anzi degno di nota che la stessa leggenda che glorifica l'atto di Clelia mette in luce sinistra il figlio di Tarquinio, che a tradimento cerca di impossessarsi delle compagne di lei allorché vengono ricondotte a Roma. (3) Si comprende come le versioni favorevoli di Valerio fac-
      (l) Il von Scala, roem. Studiai (Innsbruck, 1893), mette in giusto rilievo il colorito stoico di tutto il racconto di Muzio Scevola. Certo non si può negare che con tale colorito si spieghino bene ad es. le parole di Livio, II, 12, 9: * et. facere et pati fortia Romanuni est, „ da ciò non va però ricavato come il von Scala vuole, che questo tratto della leggenda mancasse nelle più antiche versioni.
      Si noti poi che anche Valerio Massimo, III. 3, 1, il fatto di Mucio Scevola riferisce nel capitolo destinato agli esempi " de patientia ..
      (-') Liv. XLII, 47, 5.
      C) Dion*. Hal. V, 23.


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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