Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAI». III. - I SETTE HE DI ROMA.
      ove si dice che Romolo, fatta alleanza con Tazio ed i Sabini, raddoppiò il numero dei senatori o si parla delle genti albane che Tulio Ostilio fece entrare nel senato romano. Sicché ò per lo meno lecito supporre che corresse fra gli antichi un racconto molto più semplice, non per ciò più veridico, secondo il quale tutte queste imprese sarebbero state fatte da Romolo, il quale avrebbe ordinato lo stato tenendo conto dei compagni suoi o Romani, di quelli di Tito Tazio o Tizienzi, e dei Luceri di Lucumone, il rappresentante di quell'elemento etrusco, che sotto lo stesso nome ricompare in Tarquinio. Nessun dubbio che chi ciò tingeva attribuisse alla suppositicia età romulea fatti d'età assai posteriore e che il Lucumone di Yolsini non sia altro che il Lucumone più conosciuto con il nome di Tarquinio e che a torto si faceva di origine greca. Lucumo è certo nome schiettamente etrusco e, per quello che affermano gli antichi ed ammettono anche i moderni, significa principe. (') E pura fantasticheria il racconto che egli abbandonò Tarquini perchè quivi non gii venne fatto di conseguire i pubblici onori, tanto più che altre versioni asseriscono che suo padre sarebbe stato fatto cittadino della città etnisca. (') Così ò frutto di tarda speculazione di eruditi
      (') Mueller, die Etrusker, ed. Deecke, I, p. 339.
      (*) Il racconto di Cicerone, d. r. p. II, 19, 34, clie Demarato padre di Tarquinio diventò cittadino di Tarquini non cozza apparentemente con quello di Dionisio, III, 47, secondo il quale il Prisco avrebbe otteuuto di essere uno dei mediocri non dei primari cittadini di Tarquini, essendo stato respinto nelle elezioni dei magistrati. Ma il controsenso sta iu ciò che un u advena r non poteva essere altro che un u inquilinus, „ un meteco. Qualora le ricchezze gli avessero valso, come e detto, di essere * adscitus ini civitatem, „ tanto più dovevano spianargli la via degli onori. I/asserzione dell'imperatore Claudio, nel discorso conservato nell'inscrizione di Lione, che Tarquinio Prisco era nato da " niatre generosa sed inopi ut quae tali marito necesse habuerit succimi bere, r anziché frutto di informazione storica, ò effetto di integrazione, come indicano del resto le stesse parole qui riferite. Se poi Claudio aggiunge che il Prisco lasciò Tarquini, perche era stato respinto dalle magistrature, ciò prova che si riferiva alla volgare tradizione romana, alla quale pure si riferisce poco dopo allorché dubita (come pure Livio, v. s. p. 253; 259, cfr. Plut. Popi. 14; se il Superbo fosse figlio o nipote del Prisco. Del resto sulle fonti e sul valore di questo discorso v. oltre al cap. V.


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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