Storia di Roma di Ettore Pais

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      CARATTERE MITICO DI ATTO NAVIO.
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      Le notizie che ci sono date intorno ad Atto Navio, il celebre augure del quale in età storica si mostrava la statua nel Comizio (') ci indicano sempre più quanta parte di questa pretesa storia abbia tarde origini sacerdotali. Atto Navio è infatti l'Epimenide romano; (-) la nota leggenda della cote sta senza dubbio in relazione con il rito con il quale dai sacerdoti veniva consacrato il luogo dove era caduto il fulmine. (3) 11 lituo ed ii lieo ruminale di Navio non sono altro che il lituo ed il lieo ruminale di Romolo. (4) Poiché l'uno e l'altro erano nel Comizio (dove 1111 altro monumento, il niger lapis, era connesso con Ostilio e con Romolo) e si trovarono proprio accanto ai gradini della Curia Ostilia, è naturale che da qualche scrittore si asserisse che egli aveva reso dei grandi servigi non al re Tarquinio bensì a Tulio Ostilio, (s) le cui gesta, del resto, comemani servant institutum, cuin desultores mittunt, unus dnos equos habet, pileuin in capite, [de] equo in equum transilit, quod iIle sua et fratris vice fungatur „.
      (') Liv. I, 36, 5, Dion. Hal. Ili, 71. Plin. XII. XXXIV, 21. Sul sito v. Kik-pert et Huelsen, formue urbis Homae antiqua e (Berolini, 1896), tab. III.
      (*) La storia che si raccontava di Atto Navio, dei porci che aveva in pastura, del suo sonno, v. Dion. Hal. III, 70, cfr. Cic. d. d. n. II, 3, 9; d. ley. II, 13, 33. è nella sostanza quella di Epimenide, che durante il sonno perdè la pecora, v. ad es. Tiieopomp. Ir. 69 in M. FIIG. I, p. 288.
      (4) Il fico ruminale stava vicino al puteale dove si credeva fossero seppelliti la cote ed il rasoio, Cic. de db. 1, 17, 33. Liv. I, 36, 5. Dion. Hal. Ili, 71. Che si tratti di un fulf/ur conditimi è dichiarato espressamente da Plinio, XII. XV, 77: * colitur ficus arbor in foro ipso ac comitio Romae nata, sacra fulguribus ibi conditis „. La storiella della cote è in rapporto con la credenza degli antichi, che si conserva ancora, come è noto, in molti luoghi, ossia che i fulmini si trasformassero in pietre, v. Sch. l'ers. II. 26. Si credeva inoltre che i fulmini non colpissero i luoghi dove era un fico, v. ad es. Lyd. de mens. III, 52, cfr. Schwkolkr. op. cit. Is, p. 393, 11. 17 e p. 702.
      (*) Il fico ruminale di Romolo, che Navio dal Palatino avrebbe trapiantato sul Comizio (Plin. XII. XV, 77. Tac. ami. XIII, 58; cfr. Paul. ep. Fest. p. 169 M. Con. narr. 48), è certo una duplicazione della storiella dell'asta che Romolo, secondo Ennio, dall'Aventino scagliò sul Palatino, dove diventò albero, v. Serv. ad Aen. Ili, 46. Sul lituo di Atto v. Cic. d. d. ». II, 3, 9; III, 6, 14.
      (5) Cic. d. d. n II, 3, 9: " nisi eius (Atti Navii) augurio rex Hostilius maxima bella gessisset .,. Altrove Cicerone, d. r. p. II, 20, 36, dice che Tarquinio non potè cangiare l'ordinamento della cavalleria e mutare i nomi dei Ramnenses, Lu-scere e Titieuses " quod auctor ei stimma gloria Attus Xavius non erat, „ de


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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