Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. III. - I SETTE IiE DI ROMA.
      quanto con l'Aventino forse a somiglianza di Ninna, che la leggenda altre volte lissa sul Quirinale ovvero nella Regia del Foro, od abbiamo già osservato come al tri personaggi di questa mitica età, ad es. Caco, Evandro, Faustolo, Romolo vengano localizzati, ora sul patricio Palatino, ora sul plebeo Aventino.
      Anche al gruppo più esteso di fatti attribuito ai Sabini ed a Tito Tazio, duce e rappresentante dei Titienses, non mancano e non potevano far difetto quelli riferibili al capo del terzo elemento dello stato, ossia ai Luceres. Su questo punto però gli antichi scrittori non andavano molto d'accordo. Si raccontava è vero di Celio Vibenna, che con i suoi Etruschi era stato accolto da Romolo, il quale gli aveva dato sede sul Celio, o di Lucumone giunto con i suoi da Volsini; ma non mancavano coloro i quali asserissero che Cele Vibenna era giunto a Roma all'età di Servio Tullio o di qualche altro re. E la tradizione che lo faceva vivere all'età di Servio Tullio era certamente conosciuta in Etruria per lo meno durante il secolo III o II a. C. (') In quanto a Lucumone, sebbene lo si faccia venire da Volsini, è chiaro che è la duplicazione di quel Lucumone venuto da Tarquinì al tempo di Anco Marcio, che divenne poi il re Tarquinio Prisco. Così vi sono manifeste duplicazioni nei fatti che si raccontano intorno a Osto Ostilio di Medullia, alla sua moglie Ersilia ed a Mezzio Fufezio. E stato più volte osservato che quasi tutte le gesta attribuite a Tulio Ostilio, il terzo re di Roma, non sono che ripetizioni di quelle assegnate a Romolo. (') E chiaroPlut. Rom. 23, si riconnette con il culto di Marte, v. Varr. d. I. L. V, 153,
      VI, 22; Paul. ep. FeM. 19. Forse si coglie nel segno supponendo che Tazio l'osse stato originariamente collegato a Laurento-Lavinio (la citta doppia come si diceva di Roma Quadrata-Quirinale), e che poi, trasferiti a Roma gli altri culti laviniati, si sia identificato Laurentum con il Laurctum aventincnse.
      (') Varr. d. I. L. V, 4G, come Dionisio, 11, 3G, ricorda Celio Vibenna al tempo di Romolo, Fusto, p. 355 M, fa menzione dei due fratelli Caeles e Vibenna giunti al tempo di Tarquinio Prisco. L'imperatore Claudio, nel discorso conservato nella inscrizione di Lione, rammentava Celio Vibenna quale compagno di Servio Tullio. Tacito, aita. IV, 65, dopo aver riferito una tradizione analoga, dice che a Celio Vibenna venne accordata sede nel Celio " a Tarquinio Prisco seu quis (dhts regimi dedit „. Circa le pitture volcienti v. oltre.
      fs) SciIOEMANN, o/tusc. I, p. 1S Sgg.


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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