Storia di Roma di Ettore Pais

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      LIVIO E GLI ANNALISTI PIÙ RECENTI.
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      fermare al periodo più antico, il più oscuro, che avrebbe impiegato tutta la sua attività, e che a lui premeva invece di sorvolare. Quanta differenza fra la superficialità con cui egli tratta codesta storia più vetusta, che sa non essere vera che in piccola parte, e la pedanteria della critica moderna che si assume l'incarico o di confermare ciò a cui egli 11011 credeva o di ritrovare e determinare quelle singole fonti alle quali dette uno sguardo fugace!
      La cultura greca che del resto aveva fatto presa su lui allorquando si trattava dell'eloquenza, che era per così dire il suo cavallo di battaglia, (l) non lo convertì alla scuola storica di Polibio e di Posidonio anche quando si valse, come avvenne rispetto al primo, delle loro opere. Per scrivere una narrazione così ampia e diffusa, anziché alle narrazioni relativamente aride e dal lato letterario poco pregevoli dei più antichi annalisti, è naturale che Livio volgesse la sua attenzione a quelle più estese, ossia a quelle degli scrittori dell'età sillana e cesariana, di cui a Roma v'era ormai più abbondanza che difetto. Licinio Macro, Valerio Anziate, (*) Elio Tuberone, Claudio
      (') È appena necessario ricordare il culto di Livio per Demostene, v. Quint. X, J, 39.
      (') La letteratura su Valerio Anziate ò così grande, il quesito sul come e quanto Livio se ne sia valso c stato tante volte trattato, che per conto mio non intendo portare nottole ad Atene. Una soluzione del tutto soddisfacente del quesito non è possibile, ed ha poi maggior probabilità di qualche resultato positivo per il periodo posteriore a quello che è trattato in questo volume. Che Livio non abbia seguito ciecamente Valerio è stato più volte osservato, ma a me pare chiaro che la stessa cura che egli pone nel citar Valerio (lo fa oltre trenta volte, v. i franim. apd Peter, ciò che non fa rispetto a nessun altro scrittore, ad es. per Claudio, Celio e Licinio, citati rispettivamente 11, 9, 7 volte, cfr. la nota sg.) o diremo meglio per combatterlo sino dai primi libri della sua opera III, 5, mostri come tenesse sempre presente l'opera di lui.
      Non si può affatto escludere il sospetto (v. i frammenti presso il Peter) che Livio mirasse a rilevare i difetti di un compilatore, che era riuscito a farsi largo fra i contemporanei (s-a'.vcùjievoj Dionys. Hal. i, 7). La nobiltà di animo di Livio è troppo grande ed è troppo constatata, perchè possa supporsi che egli abbia sentito invidia per l'Anziate. Ma si spiega benissimo come egli provasse di tanto in tanto il bisogno di mostrare le bugie di un autore assai celebrato, alla stessa maniera che Polibio, sebbene trattasse argomenti diversi, senti vivo quello stimolo che lo spinse a dimostrare ogni tanto che Timeo non era quel grande storico


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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