Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAPITOLO I. - PROLEGOMENI, FONTI ETC.
      stessa località ai tempi di Leonida (') e con Leonida confrontava il valoroso tribuno Cedicio. (•) Codesto dispregiatore dei Greci sentiva ammirazione per Temistocle, per Pericle ed Epaminonda. (3) Le sue storie, dal lato formale come dal sostanziale, erano piene di dottrina greca, persino le sue arguzie erano traduzioni di vecchi motti ellenici, (*) ed allorquando questo rappresentante della romanità più austera volle esprimere la sua stima per il più giovane Africano, si servì di un noto verso omerico. (:) Se Catone prese assai tardi a narrare le gesta di Roma, ciò dipese dal fatto che nel fiore della sua vita era stato occupato in faccende militari e civili, che a lui, come a qualunque buon romano, stavano più a cuore delle letterarie. E se trovandosi ad Atene non volle parlare in greco, non fu già per ignoranza di questa lingua, che conosceva allora qualunque colto romano, come nessun uomo politico ignora ai tempi nostri il francese, ma perchè non reputava decoroso per un magistrato parlare la lingua dei vinti e fare con ciò omaggio ai Greci del suo tempo cosi dissimili dagli antichi. (8) Ma questo uomo di straordinaria energia, il più schietto rappresentante della invasione del contado nella città, che quasi tutto doveva a sè stesso e che personificava nel più alto senso della parola le buone e le cattivo qualità della sua razza, era troppo orgoglioso e troppo rude per mostrare di ap-
      (•) Cat. apd Gkll. jV.L III, 7.
      C) Plut. Cat. Mai. 13.
      (3) Plut. /. c. 8, 13.
      (*) Plut. I. c. 2, 7 xà pévxot ooYYpàjApaxa x»£ Sóyii^ocv 'EXXyjv.xols xat iOTcptats Èn:eiy.ù>g d'.arcsKoCxiXxai y.at jieftvjp.'iyjveufiiva TroÀÀà y.axà Xi^iv £v -coi? àjtocpd-éynaat y.ai xaìg YVcojxoXoYiai; xixaxxat. Plutarco nota poi passim la fonte originaria di alcuni di codesti motti. Anche l'unico responso giuridico che gli è attribuito è traduzione di un motto greco, v Heinze apd Brkmer, iurispr. auteha-drianae, p. 15.
      (') Plut. /. c. 27, 7.
      (rt) Plut. c. 12, 6. Evitare di parlare in greco, anche quando si sapeva, era buona regola di tutti i magistrati romani, v. le esplicite dichiarazioui di Valerio Massimo, II, 2, 2. Perciò Tiberio 14 sermone Graeco quamquam alioqui promptus et facili* „ evitava di valersene, allorquando agiva nella sua qualità di magistrato, e vietava perfino ai soldati di rispondere in greco, anche quando come testimoni fossero interrogati in tale lingua, Suet. Tib. 71.


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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