Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      che dal mal volere. Parve il re commosso dalla umiltà dei supplicanti, e rimessa nel fodero la spada che prima teneva sguainata, entrò in Genova sotto il baldacchino e preceduto dagli anziani che camminavano a piedi a capo scoperto. Dal duomo, ove una turba di verginelle con ramoscelli di olivo in mano lo circondavano domandando perdono, andò a palazzo. Quivi, presenti tutti i magistrati, accordava il perdono che con tante preghiere gli era dimandato: ad esso tenevan dietro ben presto le prove della regia misericordia.
      Gli uffici, per la ripartizione dei quali era stato fatto tanto rumore e che erano stata la causa prima di questa rivoluzione, furono ripartili nell'antico modo, metà ai nobili, metà ai popolani. Ridevano i Francesi dell'officioso silenzio di questi ultimi. Fu condannata la città a contribuire trecentomila scudi, rimessi poscia in dugentomila a cagione dell'impotenza, da pagarsi in quattordici mesi. Quarantamila di questi furono sborsati subito e servirono a fabbricare sul capo di Faro una fortezza validissima chiamata la Briglia, affinchè al danno non mancasse Io scherno, ed il nome non lasciasse alcun dubbio sull'uso a cui dovea servire.
      In mezzo a tutti questi motivi che avevano i cittadini di lodarsi della clemenza del re, si aggiungeva lo spettacolo degli Svizzeri e degli altri soldati di ventura, i quali entrando per una porta ed uscendo per l'altra,
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      traversavano la città, portando le robe e le masserizie rubate nel saccheggio delle ville circostanti. Neil' istesso tempo, il libro delle convenzioni fermate antecedentemente tra la Repubblica ed il re, fu gittato alle fiamme pubblicamente; il che voleva significare che il re, d'ora innanzi, avrebbe considerata Genova non come uno stato datoglisi spontaneamente, ma come una conquista. Nè fu questa nuova sottomissione alla Francia totalmente senza sangue. In diversi sili della città si vedevano alzate le forche, e quivi furono appesi non pure molli che nei passati tumulti aveano attentato agli averi ed alle vite dei cittadini, ma eziandio alcuni di cui il solo delitto era di avere voluto sottrarre la patria dal giogo straniero. Fra questi fn lacrimata la morte di Demetrio Giustiniani, uomo integro di costumi e chiaro per la coltura di eletti studi.
      La casa di Paolo da Novi fu spianata; e poco dopo, mentre l'ex-doge sopra una nave di un capitano còrso, stato suo soldato, voleva passare da Pisa a Roma, arrestato dal Còrso e venduto per ottocento scudi al Prejean ammiraglio regio, fu tradotto a Genova, ove alla presenza di quel popolo
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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