Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      più alto, con le balestre e con gli archibusi seminavano la strage tra le gentifrancesi che salivano air assalto; finché, avendo lo Chaumont fatti condurre
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      sol luogo della mischia due pezzi d' artiglieria, e con essa folgorando i difensori di Belvedere, gli costrinse a dare addietro e ritirarsi in buon ordine fino alla sommità, dove stavano i loro commilitoni. Ma la guarnigione del castello di Promontorio, la quale se avesse resistito ancora un poco, avrebbe potuto agevolmente far testa ai Francesi, e permettere cosi a quelli di Belvedere di riordinarsi e di riscendere più grossi incontro ai nemici, temendo di esser tagliata fuori, appena che vide la ritirata delle milizie, senza nemmeno far vista di combattere, evacuò la fortezza che fu tosto occupata dai regii. Allora le milizie genovesi, ad onta degli sforzi fatti per trattenerle da Jacopo Còrso, disperando ormai della vittoria, si sbandarono, e traverso a balze scoscese e poggi senza sentiero con perdita di molti si ridussero in gran parte dentro le mura.
      Gli anziani profittarono della confusione prodotta da questo nuovo infortunio, per mandare al re a trattare la resa due ambasciatori, Stefano Giustiniani e Battista Rapallo. Avendo ricusato il re di ricevere gli ambasciatori genovesi, essi furono accolti dal cardinale di Roano, il quale troncando ai messaggi le parole in bocca, con viso severo disse loro : « non essere il re disposto ad accordare alcuna condizione: e si rendessero a discrezione; la vita e la roba dei cittadini sarebbero salve. »
      Intanto quei della plebe, udendo che si trattava di rendere la città, montarono in grandissimo furore e protestando di volersi difendere, uscivano avanti con le loro bandiere più grossi di prima ed andavano risoluti e baldanzosi ad appostarsi sull' alture del Castel leccio che, piantato sulla medesima schiena di monti, dominava il perduto castello di Promontorio ed i siti dove stava accampato l'esercito regio.
      Essendo determinati di ricuperare ad ogni modo il castello, scendevano
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      minacciosi giù per la schiena del monte ed andavano a percuotere ferocemente nelle genti regie che attendevano di pié fermo sulle alture conquistate. Per tre ore continue durò il disperato combattimento; invano tentarono i valorosi popolani di sfondare i solidi battaglioni dei fanti svizzeri e Francesi ; finalmente più stanchi che vinti, conoscendo di affaticarsi inutilmente, si ritirarono ordinali e minacciosi sulle abbandonate allure del Castellacelo, ove, poiché la patria più salvare non si poteva, pensarono ad assicurare se stessi e si disciolsero.
     
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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