Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      422 STORIApresa tra le strette dei mooti dai contadini suscitati dal Guarco, fu costretta a rendersi e svaligiata. Le altre genti lombarde, fatte accorte della sventura toccata ai primi, camminando sulle creste dei monti, poterono giungere a salvamento a Vollri, d'onde, sopra a barche furono trasportate a Genova. Alle agitazioni del Guarco tenevano dietro quelle dei Fieschi.
      I Vassalli di questa potentissima famiglia, la quale possedeva vasti feudi nella riviera di Levante, essendo da lungo tempo irritati contro il governo ducale, che oltre all'avere cacciali i loro signori, avea posto presidio nei castelli appartenenti ai Fieschi, si levarono in massa ed occuparono Becco di cui fecero il loro quartiere generale. Di là mandarono segretamente sollecitando Gian Giorgio Fieschi, al quale, per essere adolescente, solo frai suoi era stato permesso di rimanere in Genova, affinchè gli andasse a
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      raggiungere, per mettersi alla loro testa. Il governatore sapendo tutto, faceva guardare a vista Gian Giorgio; ma questi riuscendo a deludere la vigilanza di chi lo spiava, andò a Recco, dove fu raggiunto da Matteo Fieschi, venuto espressamente da Roma, ove tutta questa famiglia avea emigrato.
      L'agitazione elevatasi al di fuori, non tardò molto a comunicarsi anche al di dentro della città. La plebe usciva con le solite querimonie, che tutte le cariche fossero ornai conferite alla nobiltà prediletta dal governatore sopra ogni altra classe, e che del popolo, una volta principale parte nel reggimento della repubblica, non fosse fatto ornai più nessun conto. Il governatore credè di potere soffocare questi malumori nel suo nascere, usando rigore. E fatti citare in palazzo i più caldi in queste dicerie, ordinò che i due caporioni, Battista Delfino e Benedetto Ponzone, fossero arrestati, e condotti in carcere. Questa misura dispiacque a coloro fra i popolaui che siedevano in consiglio, e fu gravemente ripresa, come una nuova ingiuria fatta alla plebe, da Battista Costa e Gregorio da Sorli, i quali, vedendo che i loro reclami non erano ascoltati in senato, scesero in piazza, ove la moltitudine era anche troppo disposta a sostenerli. In un momento i discorsi presero sembianza di gridi, e le consultazioni si cambiarono in tumulti. Benedetto Ponzone, uno degli arrestati, fu strappato a forza dalle mani dei sergenti, che lo conducevano prigione. Il Delfino era già stato menato in Castelletto col capo coperto, acciocché non fosse riconosciuto, senonchè imperversando sempre più il tumulto , e per la città non essendo altro che un correre alle armi, ed un serrare di botteghe, il governatore, in parte per timore, in parte per i consigli di autorevoli cittadini, consenti a rilasciare il prigioniero.
     
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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