Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      334 STORIAma poscia ogni argomento, ogni supplica era vana per determinarlo ad arrendersi. Già i nemici aveano invaso il ponte; gran parte de' marinari e de'soldati uccisi, le Treccie cominciavano a penetrare anche nelP ultimo asilo d' Alfonso; un grosso verrettone gli cadde ai piedi e si conficcò nel tavolato. Allora P amore della vita la vinse sopra P orgoglio di re; fé' cenno di rendersi ed in un istante il combattimento cessò. Avanti di cedere la spada volle sapere il nome di tutti i capitani, ed udito essere fra questi Iacopo Giustiniani la famiglia del quale come signora di Scio avea diritto di battere moneta d'oro gli si die prigioniero. Tanto è vero essere l'amor proprio e la vanità l'ultima cosa con cui transigano gli uomini.
      Declinava il sole al suo tramonto; dopo dieci ore di combattimento, di un' armata così finita, una nave sola salita dall' Infante Don Pietro, il quale calandosi per una fune a fatica era scampato alla cattura della sua, veleggiava libera alla volta di Sicilia; sopra tutte le altre sventolava bianca e rossa la bandiera genovese. Venticinque grosse navi vennero in mano dei vincitori; fra gli aragonesi i morti furono da seicento, i prigionieri ascesero meglio che a cinque mila; i genovesi non ebbero a deplorare che novanta uomini uccisi. Si distinguevano fra i prigionieri oltre un numero grandissimo di cavalieri e di baroni spagnuoli, napoletani e siciliani, Alfonso re di Aragona, i due suoi fratelli 1' infante Enrico e Don Giovanni re di Navarca, il duca di Sezza, il principe di Taranto e il viceré di Sicilia.
      La preda in oro, suppellettili, armi ed altri oggetti di prezzo fu cosi grande, che la maggior parte de' marinai e dei soldati presenti alla battaglia, montarono da povero stato ad agiato, ed alcuni a ricchissimo. Sotto Gaeta le cose procedevano con la medesima fortuna. Avuta la notizia della vittoria di Ponza, irruppero il popolo gaetano ed il presidio genovese nel campo aragonese già sguernito del nerbo dei suoi difensori, e rotti facilmente gli altri sconfortati che vi rimanevano, s'impadronivano di tutto ciò che ancora restava della fortuna aragonese. Rientrarono da un lato carichi di spoglie nella città quelli di Gaeta, mentre dall' altra sboccavano nel porto le trionfanti navi genovesi, traendosi dietro, fra gli applausi della moltitudine che coronava gli spalti e si ammucchiava sugli scali, la vinta flotta. Sbarcò P Assereto insieme colle vettovaglie molte migliaia di prigionieri che gli erano di sopraccarico, poi senza frapporre altro indugio si voltò verso Genova.
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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