Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      DI GENOVA 197
      coloni con le abbandonale navi una vittoria altrettanto facile quanto insperata. Dopo questo fatto si piegò il Cantacuzeno facilmente alla pace, e cedè a quei di Pera il terreno contrastato.
      Infieriva in questo tempo in Europa un orribile flagello, mietendo le popolazioni con celerità spaventosa. Preceduta dalla carestia, dopo aver menata con strazio infinito la sua falce mortale traverso la China e l'Asia, la peste si era affacciata all'Europa. Nessun paese fu salvo; il settentrione come il mezzogiorno subirono il letale contagio, e le navi italiane che, fuggendo il Mar Nero, ove prima si era manifestato, si rifugiavano nel Mediterraneo infette già dal malore, contribuirono non poco a diffonderlo lungi le popolose coste di questo (1348). Genova anch'essa subì la sventura comune, e quarantamila vittime rapite dalla morte, non è ben certo se nella città sola
      0 in tutto il dominio, empierono di lutto la repubblica.
      A questi danni, a cui non si poteva fare ostacolo, ma bastevoli di per sè a spegnere negli uomini ogni feroce pensiero, una cieca invidia e una rabbia insaziata di discordie aggiunsero i mali di una nuova guerra. Dopo la pace conclusa dai Genovesi col signore della Tana, quest'ultimo, il quale vi avea acconsentito soltanto per farsene strumento a maggiori frodi, poiché
      1 mercanti furono ritornati in gran numero a trafficare nella sua capitale, assalivali un giorno inermi nelle botteghe, a molli togliendo la vita, a tutti la roba. Si vendicarono i coloni di Caffa, come quelli che maggiormente erano restati offesi, chiudendo con una flotta le bocche del Tanai; e il Khan, costretto nuovamente a venire a patti, concesse esclusivamente ai Genovesi l'esercizio del commercio alla Tana e la navigazione della Meotide, onde Caffa veniva ad essere necessariamente il deposito di tutte le merci orientali che venivano da quella banda.
      Perchè poi i Veneziani stassero contenti a questo trattato, concessero loro i coloni che le merci venete fossero franche in Caffa da ogni gabella. Non furono però soddisfatti i primi da questa concessione, e gelosi degl' immensi redditi che il deposito di merci in Caffa avrebbe apportato ai Genovesi, chiesero, oltre le offerte franchigie, la metà del provento di tutte le gabelle. Irritati maggiormente da un rifiuto, ordinarono alle loro galere mercantili, che, senza aver rispetto agli ultimi trattati fra il Khan e i Genovesi, traversassero lo stretto di Caffa, ed entrassero nella Meotide. Si attentarono alcune, ma prima bersagliate dai castelli che dominano lo stretto,
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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