Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      inferiore di numero, tornava piò vantaggiosa la battaglia. Rispondeva alle provocazioni dei Veneziani, che non avrebbe combattuto fino al giorno della Natività della Madonna protettrice di Genova, poiché sperava che l'entusiasmo religioso avrebbe inspiralo a' suoi maggiore ardire. La notte che precede l'ottavo giorno di settembre (1298), distaccò quindici navi dalla flotta, con l'ordine di girare al di fuori l'isola di Lagosta, e di piombare su) nemico quando la battaglia fosse impegnata.
      Venuta la mattina, attaccava arditamente la fiotta veneziana che i'avea seguitato nelle acque di Curzola. Giunte le navi a poca distanza, cominciarono la battaglia col trarre delle balestre, e col lanciare calce, morebia e dardi; si mescolarono quindi in un più stretto combattimento. Parve inclinare dopo qualche tempo la fortuna ai Veneziani : dieci navi genovesi rotte e maleoncie erano costrette a tirarsi indietro; il capitano, il quale si vedeva ucciso dappresso il figlio giovinetto colpito nel petto da un dardo , non si perdeva d'animo. Comprimendo il dolore privato dinanzi alla grande necessità della patria, comandava si gittasse in mare il cadavere del figlio; le navi si riordinassero in triangolo. Stava P ammiraglio veneto disponendo le sue in semicerchio, quando gli si calò addosso la divisione delle quindici navi, che girata Pisola e riuscendo a sopravvento attaccò i Veneziani alle spalle. La flotta nemica, sorpresa da questo assalto inaspettato, cominciò a disordinarsi, e le navi ruppero l'ordine. Invano il Dandolo, fermo al suo posto, procurava con P esempio e P autorità di richiamare alla battaglia i suoi che fuggivano; la sua stessa nave assalita dall'ammiraglio genovese e da due altre navi, dopo una disperata resistenza fu presa. Egli disdegnò sopravvivere all'onta della sconfitta, e preferendo la morte alla vergogna, si uccise per-colendo la testa nell' albero maestro della vinta nave. Delle altre, ottantasei ebbero la medesima sorte, dodici si salvarono. Perirono dei Genovesi mille cinquecento; i Veneziani ebbero diecimila morti ed oltre seimila furono fatti prigionieri ; fra questi ultimi il celebre navigatore Marco Polo. Sessantotto delle navi prese, essendo siale mal concie nella mischia, e però d'impaccio al navigare, furono bruciate sulla spiaggia di Curzola, da cui la battaglia ebbe nome. Poteva il Doria, navigando difilato su Venezia, ottenere più ampio frutto della vittoria; ma come abbiamo veduto anche dopo la battaglia della Meloria, le repubbliche italiane di quei tempi contente di avere umiliato un nemico, non ne cercavano l'estrema rovina. Di più le loro
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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