Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi

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      434 storia fiorentina. ,_1530]gli darebbe che sapesse chiedere egli stesso. Giunse il cardinale con non più che quattro cavalli a' venti d'aprile; ma conosciutosi scoperto, e di non potere colorire il disegno suo, si lasciò persuadere da Baccio, e a' ventisette se ne tornò a Roma con esso lui, il quale già nel suo segreto aveva in odio Clemente, non gli parendo che l'averlo egli fatto presidente della Romagna fosse premio dicevole alle tante fatiche e meriti suoi; e tanto più, che '1 papa avendogli promesso di volerlo far cardinale, e non volendo attendergli la promessa, o per qualsivoglia altra cagione, aveva cominciato a morderlo dove poteva, e andarlo sbattendo più tosto che altramente. Onde Baccio, per quanto si credette, non pure non isconsigliò nascosamente il cardinale a tentare questa imprésa, ma lo fece ancora, perchè la potesse mandare ad effetto, servire di danari : onde si conosce esser verissimo quello che in alcuni ristretti di cittadini si diceva, che i Palleschi volevano vendere, e non donare la città di Firenze al papa.
      XLIV. Era Ippolito cardinal de' Medici in sul più bel fiore dell' età, non avendo più di ventun anno, era bellissimo e grato"d' aspetto, era di felicissimo ingegno, era pieno di tutte le grazie e virtù, era affabile e alla mano con ognuno, era, come quegli che ritraeva alla magnificenza e benignità di Leone, e non alla scarsità e parsimonia di Clemente, libéralissimo verso tutti gli uomini eccellenti o in arme, o in lettere, o in qualsivoglia altra dell' arti liberali, tanto che una mattina, essendo venute novelle (benché poi riuscirono false) d'una vacanza di quattromila ducati di rendita I* anno, egli spontaneamente la donò a Francesco Maria Molza, nobile mo-danese, uomo di piacevolissimo ingegno, e di grandissima e buona letteratura in tutte e tre le lingue più belle, come dimostrano i suoi bellissimi e dotti componimenti, cosi in prosa come in versi, e tanto in latino quanto in volgare. Queste cose, e massimamente la sua incomparabile liberalità, facevano amare il cardinale sommissimamente da tutte le genti e per tutti i luoghi, e da tutti gli scrittori sommissimamente celebrarlo, e tanto più, e più veramente, che egli intendeva molto bene la lingua latina, e nella fiorentina componeva leggiadramente, cosi in versi come in prosa, e aveva nella


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Storia fiorentina (volume 9)
di Benedetto Varchi
Felice Le Monnier Firenze
1858 pagine 464

   

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