Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi

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      388 storia fiorentina. ,_1530]pagnare. Costui, o per questa paura, come avviene molte volte agli uomini idioti, o per altra cagione, datosi allo spirito, se n'andò in Gerusalemme a vicitare il Santo Sepolcro, ed in quel peregrinaggio passò, tutto compunto e contrito, di questa all' altra vita. Dante da Castiglione in abito di frate, e Cencio suo fratello, e Cardinale Rucellai, e Giovacchino Guasconi si fuggirono a Vinegia per mezzanità del signore Stefano, il quale quattro giorni dopo che fu fatto il parlamento, scusandosi che più soprastare in Firenze non poteva, prese licenza, secondochè gli concedevano i capitoli dell'accordo, e se ne ritornò in Francia. Con esso lui si partì Giovambatista Siciliano da Messina, sergente maggiore, chiamato il Sergentino, e se n' andò, come quasi tutti gli altri, a Vinegia, ricevitrice allora non d'ogni bruttura, come disse il Boccaccio, ma bene d'ogni miseria.
      VI. Il giorno de' ventotto d' agosto i soldati del signor Pirro ammazzarono alcuni Spagnuoli che passavano da' loro alloggiamenti, con dire che quegli delle loro bande avevano morti, per rubargli 7e gittati in un pozzo due Italiani; per lo che levatosi il comore, si diede all' arme per tutto il campo; ma quel giorno non si fece altro, non tanto perchè i capitani v' entrarono di mezzo e gli spartirono, quanto perchè gli Spagnuoli, ancoraché offesi dagl'Italiani, fuggivano la zuffa, e non volevano venire alle mani con esso loro; i più per la voglia e speranza la quale avevano di saccheggiare Firenze, che per altra cagione. Il giorno di poi, stando ciascuno in sulle sua, gì' Italiani (avendo promesso i Tedeschi di doversi star di mezzo senza aiutare o disaiutare più questa parte che quella) si mossero d'intorno a nona, e gridando Italia, Italia, affrontarono gli Spagnuoli con tanta bravura, che ferendone e ammazzandone molti, gli sforzarono non solo a ritirarsi di buon passo, ma a fuggirsi a rotta: nè è dubbio che gli arebbono spacciati ; ma don Ferrante, veggendo che non valeva nè il pregare nò il minacciare, fece intendere con falso, ma astuto e verisimile consiglio, a Tanasio capitano de' Tedeschi, che non indugiasse a dar soccorso agli Spagnuoli, se non voleva rovinar esso con tutti i suoi, perciocché gì' Italiani di fuori s'erano accordati con quei di dentro di voler, per libe-


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Storia fiorentina (volume 9)
di Benedetto Varchi
Felice Le Monnier Firenze
1858 pagine 464

   

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