Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi

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      e molto l'une dall' altre lontane, come discorreva poi prudentemente il signore Stefano, dolendosi insino al cielo, non di Pasquino, il quale era stato strumento, e s'andava difendendo con una scusa non men falsa che da ridere, dicendo che s'era smarrito in que' piani tra quelle vigne e canneti, ma del signor Malatesta. Malatesta conoscendo la disdetta e diffidenza nella quale egli era venuto, dicendosi pubblicamente eh' egli aveva fatto ritirar le genti per l'invidia che portava al signore Stefano, non saliva più alla Signoria, che egli non facesse prima pigliare le porte e le scale del palazzo da molti de' suoi soldati più confidenti, dicendo dubitare anch' egli del salto di Baldaccio.1 Onde i Palleschi, i quali l'avevano trattenuto sempre in segreto e lodato in palese, presero maggiore animo, e tanto più che Zanobi Bartolini, il quale usava prima dire, che voleva egli mantenere tutto quell'esercito del suo proprio due mesi interi, cominciò a intendersi con Malalesta, o per farsi qualche appoggio, dubitando non le cose dovessono andare come elle andarono, o aggirato (come fu opinione d'alcuni) da lui, il quale gli proponeva uno Stato ristretto : qualunque cagione il movesse, perchè si disse ancora che quel governo gli pareva, come nel vero egli era, troppo parziale e licenzioso, e da non poter durar lungo tempo, chiara cosa è, eh' egli fin allora aveva, se non avuto, come io per me credo, certo dimostrato d'avere grand' amore e ottima intenzione verso la patria, e molti non piccoli disagi e fatiche per lei disagiosamente sofferto.
      LXVII. La mattina di San Giovanni, giorno solenne e solennità principale della città, per lo essere San Giovambattista avvocato e protettore de'Fiorentini, in vece di ceri e di pa-liotti e degli spiritelli, e d' altre feste e badalucchi che in tal giorno a'buon tempi, parte per devozione, e parte per ispasso de' popoli, si solevano fare, si fece una bella e molto divota processione; conciossiacosaché tutti i Signori vestiti di bruno, con tutti i magistrati e le capitudini si comunicarono insieme, e ciascuno era scalzo, e portava una falcola accesa in mano: dinanzi era il crocefisso di San Pier del Murrone, la tavola
      * D'Aoghiari, il quale, come è noto per la storie , fu nel 4441 gettato dalle finestre di quel palazzo.


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Storia fiorentina (volume 9)
di Benedetto Varchi
Felice Le Monnier Firenze
1858 pagine 464

   

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