Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi

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      sappiendo ch'egli era grandissimo nimico del papa, avendo egli il giorno della Candellaia voluto ammazzarlo, e in odio non piccolo all' imperadore per la persecuzione, oltra all' essere Orsino, fatta da lui in Roma e fuori alle genti sue; l'accettarono di buona voglia, non pensando eglino, che cosi facendo gli davano, se non occasione, il modo di potersi riconciliare agevolmente coli' uno e coli' altro di loro; e avendogli mandato danari, scrissero che si trasferisse in Toscana. Ma egli, il quale o di già era riconciliato, o aveva animo di volersi riconciliare, ricusò di partirsi di Bracciano prima che '1 papa non fosse partito egli di Roma, e finalmente agli tre di novembre entrò con dugento fanti e dugento cavagli in Montepulciano, e poco appresso nel Borgo; nel qual luogo i Dieci gli mandarono nuovi danari, commettendogli che facesse trecento fanti di più, e con tutte le sue genti se ne venisse a batter la strada d'Arezzo, e impedir le grasce e le vettovaglie che di quivi erano portate in gran numero ogni giorno a' nimici. Ma innanzichè egli si movesse, il principe, avendo inteso la sua venuta, mandò il giorno medesimo che la notte fu assaltato il campo dal signore Stefano, il signore Alessandro Vitelli a incontrarlo: della quale andata fu 1' abate avvisato da' Dieci. Il signore Alessandro accresciuto d'alcune genti e cavagli spagnuoli usciti d'Arezzo, sé n' andò a Monterchi, e lo ridusse all' ubbidienza degl' Imperiali, e quindi con parte delle sue genti, essendo stato segretamente, per quanto si crede, a colloquio coli' abate (certo è che gli mandò occultamente un trombetta), si ridusse a Ci terna, ed il rimanente delle fanterie sue e de'cavalli s'inviò verso Anghiari; ma non andarono molto, che scopersero un' imboscata della fanteria dell' abate: il quale appunto, mentre combattevano, sopraggiunse colla cavalleria, e scontratosi ne' cavalli de' nemici, si mise dopo poco e debole contrasto con tutti i suoi cavalli a fuggire; onde i fanti senza niuna fatica furono rotti e sbandati tutti, tolto loro alcune insegne, e fattine alquanti prigioni; la qual rotta, overa o finta, fu in venerdì agli diciassette di dicembre. L'abate fuggendo tuttavia a briglia sciolta, ancoraché non fusse chi '1 seguitasse, si salvò co' suoi cavagli nel Borgo, d'onde fra pochi giorni, avendo il signore
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Storia fiorentina (volume 9)
di Benedetto Varchi
Felice Le Monnier Firenze
1858 pagine 464

   

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