Storia fiorentina (volume 9) di Benedetto Varchi

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      libro nono.
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      i» potestà sua raffrenare uno esercito vincitore, così grande e di tante varie genti composto, e pensasse all' infamia la quale ne gli seguirebbe1 perpetualmente grandissima. Ma Clemente s'era fatto a credere, che l'impresa di Firenze dovesse agevolissimamente riuscirgli, stimando che i Fiorentini veggendosi da tutte le parti abbandonati, tosto che sentissero l'esercito avvicinarsi a' loro confini, per non perdere la ricolta del vino, e vedere tanti e si belli palagi abbruciare, verrebbeno subitamente agli accordi ; e questa credenza fu cagione, che avendogli profferito l'imperadore, che farebbe, se volesse, sbarcare i soldati spagnuoli alla Spezie per alla volta di Toscana, egli non volle, si per non gli giudicar necessari, come perchè non guastassero il contado fiorentino; il che egli, potendosi far di meno, voluto non arebbe: onde Cesare gli volse da Savona nella Lombardia.
      XXVII. In mentre che queste cose giravano, fornito il mese d'agosto, a' diciannove del quale si trovava il principe d'Oranges a Terni con parte delle genti per far la massa; entrò in Firenze col medesimo gonfaloniere la Signoria nuova per settembre e ottobre, la quale furono questi : Lionardo di Niccolò Mannelli e Francesco di Ridolfo Lotti, per Santo Spirilo; Agostino di Francesco Dini e Bonifazio di Donato Fazzi, per Santa Croce; messer Paolo di Lorenzo Bartoli e Francesco d'Uberto Nobili, per Santa Maria Novella ; -Giovanni di Nerone Neroni e Niccolò di Lorenzo Benintendi, per San Giovanni; ed il loro notaio fu ser Stefano di ser Bernardo Vermigli.
      XXVIII. Ma perchè al tempo di questa signoria le genti ecclesiastiche e quelle dell'imperadore si condussero, guidate da monsignore Filiberto di Chialon viceré di Napoli, chiamato il principe d'Oranges, sotto la città di Firenze per espugnarla, e la tennero poco meno che undici mesi strettissimamente assediata, nel qual tempo presero parte per amore e parte per forza quasi- tutte le città e castella del dominio fiorentino ; mi pare non meno utile che necessario di dover fare in questo luogo una, come dicevano gli antichi nostri, incidenza,
      < Gli stampati, farebbe. Il codice P., e pensaste all'infamia, che perpetualmente gliene sarebbe grandissima.
      VARCHI.—2. i


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Storia fiorentina (volume 9)
di Benedetto Varchi
Felice Le Monnier Firenze
1858 pagine 464

   

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