Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi

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      448 storia fiorentinaFu avvertito per gli uomini di mezzo per grandissimo errore, che eglino non mandarono mai persona alcuna, non che personaggio, all'impera» dorè per raccomandarli la causa loro; il che bisognò non nascesse o da. sdegno preso in Napoli contro di lui, o da diffidenza di potere impetrare cosa alcuna , o da timore di non offendere il re di Francia, o da inav* vertenza; se da inavvertenza , meritano grandissimo biasimo, perchè in tutti i maneggi, non che in quelli di si grand' importanza, non si debbe mai pretermettere diligenza nessuna ; se per paura di non offendere il cristianissimo si dovevano ricordare il rispetto che egli aveva avolo a loro , e che hanno generalmente tutti i potentati verso gì' inferiori ; se da diffidenza, avevano da considerare che ne' principi, i quali hanno sempre dinanzi agli occhi o i piaceri o i comodi loro, mutandosi i tempi e l'utilità, si mutano conseguentemente le menti, i pensieri e le voglie; se da sdegno, mostrarono male che sapessero che gli sdegni contro de' superiori, i quali ti possono a lor voglia così giovare, come nuocere, o non s'hanno a pigliare, o si debbono dissimulare, e massimamente nelle faccende pubbliche, nelle quali i privati non come persone private , ma come pubbliche deono adoperarsi, e non il bene particolare, ma il comune solo riguardare.
      Nel principio del mese di luglio mandò il signor Cosimo a Roma messer Antonio Venanzi da Spelle vescovo d'Iesi, sì perchè risedesse quivi suo arabasciadore appresso al papa, e sì perchè difendesse l'eredità della casa de' Medici dal papa medesimo, parendoli che oltre al danno, non fosse piccola vergogna il lasciarsi tórre ancora i beni immobili degli antichi e maggiori suoi. Per notizia della qual cosa bisogna sapere che madama Caterina in Marsilia avanti eh' ella n' andasse a marito, vendè, cedette e rinunziò solennemente per contratto tutte le ragioni che ella (ter qualunque cagione aveva o aver potesse sopra il patrimonio suo, e lutti i beni della casa de'Medici. Bisogna anco sapere che papa Clemente, nel suo testaménto lasciò .per fidecommisso che 1 beni della casa de'Medici fossero sempre del primogentito di quella famiglia; onde morto papa Clemente, pervennero nel cardinale Ippolito, e morto Ippolito, dovevano ricadere al duca Alessandro, ma come il papa sotto nome di spoglie tolse e fece vendere tutta la sua guardaroba, cosi il signor Pier Luigi tolse efece portar di mezza notte al suo palagio, oltra quattro pezzi d'artiglieria co' loro fornimenti, tutta la sua armeria, la quale era bellissima, e poteva valere da cinque in sei mila scudi, e le cose immobili consegnarono a'creditori di detto cardinale. I beni immobili erano il palazzo di Roma, la vigna di papa Clemente, una terra chiamata Castel Sant' Agnolo in quel di Tivoli, ed un credito di monte fatto de'danari della vendita del casale di Lunghezza, il quale castello ed il quale casale erano stati dote di madonna Alfonsi-
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Storia fiorentina (volume II)
di Benedetto Varchi
Borroni e Scotti Milano
1846 pagine 476

   

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