Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi

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      202 STOMA FIORENTINAdi noi, parendo quello eh' egli diceva onesto e ragionevole, perciocché egli s'ingegnava , quanto egli poteva il più, di ricoprire il veleno eh' era sotto alla dimanda sua, ed il rancore e mortale odio ch'egli aveva contro a noi, e la voglia ed il desiderio grande ch'egli aveva di rendere la sua patria serva; il che era agevolissimo a fare, essendo egli naturalmente grandissimo simulatóre.
      < Mandasti adunque, o Cesare, gli eserciti tuoi a i danni nostri, il che noi veggendo, mandammo ambasciadori insino in (spagna a tua maestà, quattro de'più orrevoli é prudenti cittadini della nostra città, acciocché eglino mostrassono a quella la giustizia della causa nostra, e quanto empiamente e contra P uffìzio del buon cittadino é del padre universale di tutta la Cristianità papa Clemente cercava di tome la libertà ; ma veggendo la maestà tua già persuasa dalle false , ma però apparenti ragioni del papa, e il desiderio ch'ella aveva di persuadergli, che l'oltraggio fattogli da monsignore di Borbone, non era stato fatto con tuo consentimento, e veggendo gli eserciti tuoi, eh' erano nel regno di Napoli e nello stato di Milano, congiugnersi eon quegli del papa per venire a'nostri danni , pigliammo l'armi, e cercammo favori ed aiuti dal re di Francia e da i Viuiziani, con i quali eravamo in lega , non già contra la maestà tua, ma per difendere la nostra allora libera patria, V per conservarle la sua libertà, siccome pietosi figliuoli di quella, acciocché la non cadesse in quelle miserie, nelle quali noi sapevamo eh' ella era per cadere, se noi avessimo acconsentito alle domande del papa , ricevendolo dentro armalo senz' alcuna sicurtà siccome eg}i voleva. £ che la città non pigliasse mai l'armi contra la maestà tua, ma contro a papa Clemente , e per difesa della sua libertà , ne danno manifesto indizio tulle le nostre ambascerie , le quali noi mandammo, mentre la guerra durò, le quali furono sempre dirette a tua maestà, siccome a quella la cui bontà non ci era nascosta, e contro alla quale non avemmo noi odio né rancore alcuno, né anche cagione alcuna d'averne : ma quello che più chiaro che il sole dimostra che la nostra città ha avuto sempre divozione e riverenza grandissima alla iriacstà tua , o Cesare, è, che quando noi , veggendoci abbandonati da ognuno, senza danari, e afflitti più cjie da ogn'altra cosa dalla fame, nè poter più colla guerra difendere la libertà nostra , ricorremmo a quella, e rimettemmo in poter suo la roba , i figliuoli, lo7 mperio della nostra città , la vita , e finalmente quello che noi stimavamo e stimiamo ancora più che tutte queste cose insieme , la libertà della patria nostra ; ed a tua maestà richiedemmo le condizioni della pace , lè quali noi avemmo da lei giuste, sanie e buone, se le ci fossero di poi state osservate.
      « Ma partito che tu li fosti d'Italia, e ritornatone in Ispagna, come leLjOOQle


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Storia fiorentina (volume II)
di Benedetto Varchi
Borroni e Scotti Milano
1846 pagine 476

   

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