Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi

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      256 storia fiorentinarara, per notificar loro che si partissero dello stato suo, siccome per la convenzione di sopra detta egli era obbligato di fare, si dicesse che tutti i Fiorentini fuoruscili, ladri, assassini, e di cattiva vita e vitupet rosa si dovessono partire fra dieci giorni dello stato suo ; per la qual cosa que'Fiorentini ribelli, che si ritrovavano allora in Ferrara , si ristrinsero insieme, e deliberarono andar tulti insieme al duca, e che uno di loro chiamato Giovambatista Busini, a cui per soprannome si diceva Gano, per parte di tutti ringraziasse quel signore de'buoni trattamenti eh' erano stali lor fatti in sullo stato suo insino a quel giorno , ed anche lo giustificasse (1) eh' eglino non erano di quella vita , nè di que1 costumi di che egli erano stati infamali in sul bando eh' era andato. Costui dunque essendo stato, benché con qualche difficolta, introdotto al duca da messer Agostino de' Mosti suo cameriere, disse queste parole :
      « Noi potremmo, illustrissimo signore , esser meritamente infamati d'ingratitudine, vizio più che alcun altro biasimevole in ciascheduno, e massimamente in coloro che fanno professione di amatori della libertà, siccome facciamo noi, se innanzi alla partita nostra di Ferrara noi non ne venissimo a ringraziare 1'eccellenza vostra de'molli benefizi e grandi, che noi abbiamo ricevuti da lei e da'suoi ministri nelle terre sue: perciò questi miei compagni ed io insieme con loro, già cittadini , e non vili, d'una delle prime città d'Europa, ma oggi scacciati dalla patria nostra, poveri , senz' amici e senza parenti, nè per alcuna nostra cattività, ma solamente per aver volulo con ogni nostro potere difendere la libertà della patria nostra, come pare che sia richiesto a ogni buon cittadino , vegnamo umilmente a' piedi di quella per riconoscerci suo' debitori dell' averci tanto benignamente ricevuti nello stato suo, e dell' averne si amorevolmente trattati , com'ella ha fatto insinaltanlochè quell'odio e quella crudeltà che ci serra fuor della città nostra glien'ha conceduto; ed offerirle insieme (poiché l'esilio che noi sopportiamo a torto, ci ha tolto ogn'altra cosa da noi più caramente diletta) di pregare Dio ottimo e grandissimo per la sua felicità e grandezza, e di raccontare in tulli que' luoghi , dove l'infelicità nostra ci guiderà , a quegli uomini che gli saranno , la giustizia e la pietà sua ; ed ora, per non mancare a noi medesimi, nè alla giustizia della causa nostra , che le facciamo intendere ( che che se le abbia dette di noi quegli che ha praticato seco questa convenzione che ella ha fatto col duca Alessandro , il presidente di Romagna e il vicelegato di Bologna) che circa trecento cittadini che noi siamo fuora di casa nostra, non facemmo cosa brutta
      (1) Qui è adoperato nel significato di far capace, tincerare.
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Storia fiorentina (volume II)
di Benedetto Varchi
Borroni e Scotti Milano
1846 pagine 476

   

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