Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi

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      102 STOMA FIORENTINAtivescovo di Capova saputa la sua venuta per un cavallaro spacciatoli dal papa con grandissima fretta, il quale gli entrò innanzi, mentrechè egli stracco del correre le poste si riposava dormendo in sull'osteria, non si ricordando del proverbio, il quale è verissimo : chi vuol fare non dorma. Dopo il corriere mandò il papa, che sentiva di questo caso noia infinita , Baccio Valori per istaffelta a Firenze, perchè ne lo rimenasse in dietro quanto prima, col promettergli che il papa tutto quello gli darebbe che sapesse chiedere egli stesso. Giunse il cardinale con non più che quattro cavalli a'venti d'aprile, ma conosciutosi scoperto, e di non potere colorire il disegno suo, si lasciò persuadere da Baccio, e» a' ventisette se ne tornò a Roma con esso lui, il quale già nel suo segreto aveva in odio Clemente, non gli parendo che I' averlo egli fatto presidente della Romagna fosse premio decevole alle tante fatiche e meriti suoi ; e tanto più che M papa avendogli promesso di volerlo far cardinale , e non volendo attendergli la promessa, o per qualsivoglia altra cagione, aveva cominciato a morderlo dove poteva, e andarlo sbattendo che più tosto altramente. Onde Baccio, per quanto si credette, non pure non isconsigliò nascosamente il cardinale a tentar questa impresa , ma lo fece ancora, perchè la potesse mandare ad effetto, servire di danari : onde si conosce esser verissimo quello che in alcuni ristretti di cittadini si diceva, che i Palleschi volevano vendere, e non donare la ciltà di Firenze al papa.
      Era Ippolito cardinal de'Medici in sul più bel fiore dell'età, non avendo più di ventun anno, era bellissimo e grato d' aspetto , era di felicissimo ingegno, era pieno di tutte le grazie e virtù, era affabile e alla mano con ognuno, era, come quegli che ritraeva alla magnificenza e benignità di Leone , e non alla scarsità e parsimonia di Clemente , libéralissimo verso tutti gli uomini eccellenti o in arme o in lettere o in qualsivoglia altra dell' arti liberali, tanto che una mattina , essendo venute novelle (benché poi riuscirono false ) d'una vacanza di quattromila ducati di rendila P anno, egli spontaneamente la donò a Francesco Maria Molza nobile modanese, uomo di piacevolissimo ingegno e di grandissima buona letteratura in tutte e tre le lingue più belle , come dimostrano i suoi bellissimi e dotti componimenti, cosi in prosa come in versi, e tanto in latino quanto in volgare. Queste cose, e massimamente la sua incomparabile liberalità , facevano amare il cardinale sommissimamente da tutte le genti e per tutti i luoghi, e da tutti gli scrittori sommissimamente celebrarlo, e tanto più, e più veramente, che egli intendeva molto bene la lingua latina , e nella fiorentina componeva leggiadramente, cosi in versi come in prosa, e aveva nella sua corte i primi bravi e i primi letterati di Roma , i quali teneva più tosto per com*
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Storia fiorentina (volume II)
di Benedetto Varchi
Borroni e Scotti Milano
1846 pagine 476

   

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