Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi

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      LIBRO DODICESIMO
     
      bia da competere meco, non dirò più, rimettendomi sempre nella buona mente di vostra beatitudine, la quale sempre mi farà intendere la sua volontà, ed io sempre le sarò ubbidientissimo figliuolo, c Di Firenze 3 di settembre nel 30.
      Il papa, il quale o perchè (come testimonia il motto vulgato) i tradimenti piacciono , ma non i traditori, o per altra cagione , aveva in animo, non solo di non voler osservargli le convenzioni, dove potesse far di manco con qualche scusa, se non vera, apparente , ma di perseguitarlo, gli fece, non ostante le cagioni e ragioni allegate nella sua lettera, replicare di nuovo, che votasse la città ; perchè egli senza far pur menzione della promessa ed obbligazione sua di non dover partire prima che Cesare, secondo la capitolazione, avesse riformalo il governo, avuto una patente da don Ferrante, ch'egli e tutte le gènti sue fossero ricevute e ben trattate con loro danari per dovunque passassero , si parli agli dodici per la via di Siena, e ne menò seco assaissimi muli carichi di diverse robe, molte some di vettovaglia, cinque carrate di munizione , due sagri e sei mezzi cannoni, maledicendolo tacitamente tutto il popolo fiorentino, e buona parte de'suoi soldati medesimi. Né voglio lasciare indietro , che tre giorni avanti che Malatesta partisse, essendosi partiti il giorno dinanzi gli Spagnuoli e i Tedeschi verso il Valdarno, i Corsi con saputa e consentimento suo ( il quale voleva ristorar Pasquino della sua perfidia) s' abbottinarono, o, come si dice oggi, s'ammotina-rono, e corsi a furia in sulla piazza di Sanla Croce, gridavano sacco, sacco, e di già cominciavano a voler manomettere le genti, quando Malatesta giunto a quel romore, e spintosi innanzi col suo muletto, facendo sembiante colla mano di voler favellare a Pasquino, fu da loro fintamente fatto prigione, e poco di poi fatto veduta che per esser rilascialo da loro e salvare la terra dal sacco s' era così convenuto, bisognò che si pagassero loro di presente diecimila ducati in contanti. Con questi indegni modi, e per tante e sì scellerate vie era non meno delusa che afflitta quella povera e infelice da sè stessa , e dagli altri miseramente ingannata e tradita cittadinanza.
      Era di que'giorni sceso di Valdarno, dove era stato più mesi col suo colonnello, e fattovi incredibili danni, Cesare da Napoli, e, accozzatosi eon alcuni Italiani nel piano di San Salvi, attendeva a rompere le strade, e rubare quante vettovaglie poteva di quelle ch'erano portateo nel eampo o a Firenze. Costoro, sentite le grida di dentro, si rappresentarono in un momento alla porta a San Gallo, e, profferendosi largamente in tutto quello che potevano, chiesono d'esser lasciati entrare in Firenze;
      « Umilissimo serv. « Malatesta Baglioni »


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Storia fiorentina (volume II)
di Benedetto Varchi
Borroni e Scotti Milano
1846 pagine 476

   

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