Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi

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      128 STORIA FIORENTINArisoluzione deliberato che onninamente , per usare le parole proprie, si combattesse\ il perchè essi come signori gli comandavano, e come cittadini lo pregavano per V onor suo e per la salvezza loro, che desse ordine a cavar fuora i suoi soldati, perchè eglino dalla parte loro erano preparali, e avevano preste e in punto tutte le cose da lui chieste e dimandale, e qualcuna di più. Malatesta, il quale aveva tirato dal suo molti cittadini di conto t e tra questi messer Ormannozzo Deti, e molli erano ricorsi e rifuggiti da lui spontaneamente per raccomandargli chi sè e chi la città, cominciò, quasi fusse Giano della Bella, a sclamare pubblicamente e dire eh? era venuto a Firenze per difenderla, non per distruggerla ; ma veduto che la perversità e pertinacia de' cittadini non gli lasciava ciò fare, per non intervenire colla persona alla desolazione di così nobile e ricca e tanto da lui amala città, era deliberalo di chiedere buona licenza e partirsene ; ma prima per far le cose sue giuktissimamente come egli era solito, e per essere scusalo appresso a Dio e appresso gli uomini, e in testimonianza della fede e dell' onor suo, aveva deliberato di fare intendere per iscrittura alla signoria liberissimamente e apei'lissimamente tutto V animo suo e tutto quello del signore Stefano; e così le mandò il terzo protesto, il quale è questo appunto :
      « Magnifici ed eccelsi signori.
      « Avemo, come chiaramente si vede, già undici mesi passati difesa questa città dal nimico esercito con quella fede, cura e sollecitudine, che a' par nostri si richiede, ed in quella sopportate tante e tanta fatiche, e ultimamente siamo ridotti a vivere con pane solo, e in tal vita, comesi vede, senza strepito far vivere tutti i soldati volentieri, con desiderio di giugnere al desiato fine della cominciata impresa, mediante il quale speravamo di riportar di tante fatiche e stenti il glorioso onore; ma vedendo lo nimico per sì lunga dimora non essere delle sue forze diminuito, anzi ogni giorno quelle accresciute ; vedendo che per noi non si sente da parte alcuna speranza di soccorso, per il quale possiamo sperare la liberazione di tale ossidione; vedendo anco, die il pane è già prossimo al fine, che mancato quello, di necessità ne seguisce la rovina di questa città non senza eterna infamia e danno di vostre signorie e nostro ; avemo quelle più volte persuaso all' accordo, atteso che colle nostre forze non è rimedio a poter liberar la eittà dall' assedio , essendo il nimico più di noi gagliardo sì di gente, come d' alloggiamenti, che volendo tentare contra ogni ragione umana il combattere, ne seguirebbe la certa e manifesta rovina di questa città, come per due altre nostre avemo a vostre signorie sopra ciò par-
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Storia fiorentina (volume II)
di Benedetto Varchi
Borroni e Scotti Milano
1846 pagine 476

   

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