Firenze vecchia di Giuseppe Conti

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      dal gran ciambellano, che stava presso di lui senza torcetto, per far risaltare l'umiltà del Granduca e al tempo stesso la sua superbia; perchè ciò si faceva affinchè non si credesse che egli facesse coppia col ciambellano!...
      Finalmente col sabato santo si chiudeva la quaresima ; ma si chiudeva proprio come fra gente che si leva una gran noia d'intorno.
      Lo « scoppio del carro » a Firenze per il sabato santo, è celebre dappertutto. Esso fu sempre un privilegio della famiglia Pazzi, poiché un suo antenato, Pazzo de' Pazzi, essendosi recato all' impresa di Gerusalemme nel 1099 fu il primo che « con generoso ardire piantò a viva forza ed a dispetto de' Saracini lo stendardo della fede sulle mura di Jerusalem. » In ricompensa di tanto valore, Goffredo di Buglione, che era alla testa di quella memorabile impresa, concesse a Pazzo de' Pazzi di mescolare le cinque croci - arme ed impresa della città di Gerusalemme - con i due delfini della famiglia de' Pazzi. E per « più gratitudine ancora » lo autorizzò « a togliere alcuni pezzi di pietra viva, che toccava il sepolcro di Gesù Cristo. » Tornato il Pazzi a Firenze il 16 luglio 1101. « fu dai Signori a grande onore ricevuto, e ad essi egli donò i tre pezzi di pietra che la Signoria fece mettere in un ciborio dorato nella chiesa di Santa Maria sopra a porta, » bella e magnifica chiesa esistente presso a poco nel luogo dove fu poi edificata quella di San Biagio, oggi residenza del corpo dei pompieri. Si chiamò « sopra a porta » perchè costruita, avanti il mille, fuori del primo cerchio delle mura.
      Alcuni storici vogliono invece che quelle pietre il Pazzi se le tenesse per sè, e che stessero per molto tempo in casa sua, « tenute da tutti in grande stima e venerazione. » Ogni anno, per il sabato santo, la famiglia le esponeva in una cappella, e in tal giorno se ne traeva da esse il fuoco, col quale alle persone devote si accendevano i lumi, che esse por-


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Firenze vecchia
Storia - Cronaca - Aneddotica - Costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 702

   

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