Firenze vecchia di Giuseppe Conti

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      L'imperatore Francesco e il re di Napoli a Firenze 193
      perchè sospetto di tradimento, preferì d'andarsene alla mezzanotte, spingendo alla diserzione un altro reggimento di cavalleria e alcune compagnie di fanteria.
      Tutto ciò portò maggiore sgomento nella Corte ; e mentre il re consultava i ministri, al tocco di notte si presentarono al palazzo cinque capi carbonari, dicendo alle guardie di dover subito parlare al re « o a qualche grande di Corte. »
      Il duca d'Ascoli accorse per sentire ciò che volevano quei cinque, rimanendo sorpreso di vedere fra loro il duca Piccoletti, suo genero. Uno di essi gli disse chiaro e tondo che popolo e soldati volevano la costituzione. L'Ascoli rispose che appunto il re ed i ministri stavano in quel momento concertandone i termini, e promise che fra due ore sarebbe pubblicata, vale a dire alle tre del mattino.
      Il re però s'ostinava a non cedere: ma i ministri, con una tremenda paura addosso, lo esortavano in tutti i modi a piegarsi alla necessità. Più di tutti finalmente lo convinse il marchese Circello, che era in odio al pubblico e vecchissimo, « ma per grossolane delizie di vita bramoso di più lungo vivere. » Quel vecchio corrotto, si buttò piangendo, cpiasi al collo del re, vecchio anche lui, chiamandolo figlio, raccomandandosi di « concedere prontamente una costituzione » perchè superati così i pericoli del momento Iddio l'avrebbe aiutato « a ricuperare da popolo reo i diritti della corona. » Il re firmò il 6 luglio un editto col quale si annunziava che concedeva la invocata costituzione, promettendo di pubblicarne le basi entro otto giorni.
      Nello stesso tempo il re, con speciale decreto, nominò nuovi ministri; e col pretesto della mal ferma salute e dell'età, abdicò alla corona e rimise nelle mani del figlio la regale autorità. Ciò non fece altro che sollecitare l'andamento degli eventi. Ogni ritegno fu abbandonato, e l'esercito ormai senza disciplina e senza rispetto per il re, voltò bandiera e si chiamò esercito costituzionale. Capo di esso fu il generale Guglielmo Pepe, « che sconciamente imitava le fogge e il gesto del re Giovacchino Murat. » Alle truppe regolari si


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Firenze vecchia
Storia - Cronaca - Aneddotica - Costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 702

   

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