Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO QUINTO.
      5 il)
      Milano non iscoraggiò la gravità del pericolo; munitesi come meglio e con quanta maggior fretta poterono, aspettavano, la sorte delle armi, e vigilavano i movimenti dell'inimico.
      Innanzi di ricominciare la guerra Federigo spedì il Gran Maestro de' Cavalieri Teutonici e Pietro delle Vigne al pontefice pregandolo volesse prestargli il suo soccorso morale per domare i ribelli. Rispose il pontefice esortandolo a lasciare in pace i Comuni e andare in Terra Santa. Arse di sdegno Federigo e mosse lo esercito.
      Pose lo assedio al castello di Montechiaro. Ma i Bresciani che lo presidiavano primamente, non potendo più oltre durare, si arresero a' patti, che Federigo non tenne, e gli fece prigioni, saccheggiando e distruggendo la rocca. Incendiò poi le castella di Gambara, Gotolengo, Pra'Alboino e Pavone. Aveva giurato guerra distruggitrice. Non per ciò ebbero paura i Milanesi e i Bresciani d'affrontarlo. Ajutati dagli Alessandrini, Vercellesi e Novaresi, accamparono a Minerbio. Il fiume divideva i due eserciti; nessuno ardiva passarlo. Federigo ricorse ad uno strattagemma. Fece sparger voce di volere andare per l'inverno a Cremona — era verso il mese di novembre — simulò di licenziare parte delle sue milizie e valicò il fiume verso Pontevico. Caddero m inganno i Lombardi, e avviandosi verso Milano, erano arrivati a Cortenuova allorquando si videro di faccia all' esercito nemico. Non v'era altra via di scampo, era forza venire a battaglia. Comandavano le milizie della lega lo arcivescovo e il potestà di Milano Jacopo Tie-polo figlio del Doge di Venezia. II sacro carroccio era difeso da una compagnia di eletti guerrieri, detta de' Forti. I Saraceni, che incominciarono primi la pugna, non sostennero l'impeto de' Lombardi, i quali aggrediti nel centro dalla cavalleria comandata dallo stesso Federigo, e in ambe le ali dalla fanteria, retrocessero lasciando sul campo migliaja di morti. La pioggia era forte e continua ; uomini e cavalli sfondavano nel suolo mobile e fangoso. Il pesante carroccio male muove-vasi. Nondimeno i Forti, soccorsi da altri strenui guerrieri, non vollero lasciarlo in mano dell' inimico. Sopraggiunse la notte. Federigo comandò che le milizie rimanessero in arme a' loro posti.
      Storia Comuni italiani. — 1. -ÌG


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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