Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      libro. quinto.
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      vano cominciato a non darsi pensiero, e talvolta li provocavano contemplandone lo scoppio col diletto che si prova alla vista de' fuochi d'artifizio.1 E la colpa non era punto de' popoli, natia scimmiottare ed esagerare ciò che si fa dai grandi.
      « Ma quanto durò questa concordia ? » chiede il buon Muratori. « Non più che cinque o sei giorni » egli risponde.2 Imperocché, sia che frate Giovanni, a guisa di chi levatosi improvvisamente a straordinaria altezza si senta prendere dal capogiro e precipiti, facesse cose da insano, sia che fosse andato sotto sembianza di paciere con la pertinace intenzione di rafforzare la parte guelfa e rovinare la ghibellina, egli è certo che coloro che lo avevano adorato quasi Dio, si sentirono mancare in cuore la riverenza e lo affetto.
      Ma perchè i frati minori nelle chiese di Vicenza lo predicavano-facitore di portenti, fra'quali raccontavano di avere resucitato dieci morti, come ei si condusse alla sua terra natia, entrò con un gran codazzo di plebe nel palazzo del comune, chiese ed ottenne senza limiti autorità di riformare il governo, e prese il titolo di duca e di conte. Speravano tutti che il facitore della pace universale, l'avesse a raffermare nella propria città, allogandone il reggimento sopra principii più equi, e distribuendo con maggiore giustizia ed uguaglianza i pubblici ufficii ed onori. Lo stesso egli fece in Verona, dove con la signoria dello stato costrinse o persuase le avverse fazioni a dargli in mano non pochi ostaggi, e i castelli d'Astiglia, d'Ilasio, e di San Bonifacio, i quali presidiò di sue genti. In pochi dì bene si conobbe che Frate Giovanni per orgoglio e ferocia accennava di vincere i più possenti signori, i quali manifestamente ambivano la tirannide. Cessato il bollore nei cuori, le menti cominciarono a considerare pacatamente le azioni di lui; rammentavano fra le altre cose come, poco più di un mese avanti la pace, avesse in tre soli giorni con im-
      1 « Nò solamente i potestà e il comun popolo, cui movevano lini di guadagno , ma spesso anche tutti gli uomini più reputati per altezza d' intelletto si facean-beffe delle bolle pontificie, e vivevano tranquillamente per anni ed anni sotto il peso della scomunica, senza darsi alcun pensiero per farla levaro u meno che altre necessità non li astringessero. » Leo, Storia degli Siali Ufi' liani, prima versione dal tedesco, Lib. IV , Voi. I, pag, 521, Firenze 18-10.
      a All' anno 1253.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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