Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      storia dei comuni italiani.
      popolo tutto di sfuggire lo scomunicato, di non obbedire agli ordini di lui, traditore, pagano, sacrilego, pirata.
      S'immagini Io scompiglio che produssero nel campo i papali comandamenti. Tentare un fatto d'armi era cosa impossibile. Eppure non si scoraggiò Federigo, imperocché innanzi di muovere all' impresa, aveva concluso un trattato con Ma-lek-Kamel soldano d'Egitto. Il quale ove fosse stato dalle armi cristiane soccorso nella guerra eh' ei sosteneva contro il fratello, avrebbe ceduti i luoghi santi allo imperatore; ma come vide Che la discordia teneva in scompiglio lo esercito latino, temporeggiava a compire la promessa. Per la qual cosa Federigo, seguito da'Siciliani, dagli Alemanni, da'Pisani e dai cavalieri Teutonici, che gli erano rimasti fedeli, meglio a fare ciò che oggi si dice una dimostrazione armata, che una vera aggressione, mosse lo esercito contro i Mussulmani ; consentì che gli ordini non venissero dati in suo nome, ma in nome di Dio e delia Cristianità ; giunse a Giaffa a mezzo novembre 1228; e nel febbraio dòli' anno susseguente concluse una convenzione con Malek-Kamel. Stipulavano tregua per dieci anni; tutto il paese da Gerusalemme fino à Giaffa, a Betlemme, Sidone, .Nazzarette e Tolemaide fosse reso ai Cristiani; nella città santa la moschea di Omar edificata sopra I' antico tempio di Salomone rimanesse in potere de'Mussulmani; il santo Sepolcro e tutta Gerusalemme fosse de' Cristiani.
      XXVIII. Federigo senza spargere una goccia di sangue aveva co' soli espedienti della sapienza politica concluso un trattato, il quale, a chi vi mediti sopra, parrebbe incredibile, considerate le condizioni disperatissime in cui egli trovavasi, condizioni che non erano al tutto ignote a Malek-Kamel, uomo di non comune cultura è d'insigne intelletto. Nulladi-meno — impossibile a credersi I — i Cristiani che rientravano in Gerusalemme quaranta e più anni dopo la cacciata loro, non mostrarono esultanza; lo stesso patriarca, invitato, ricusò di prendere possesso della sua sede; non vi fu sacerdote che volesse celebrare i divini ufficii, non prelato che ponesse la corona del nuovo regno sul capo del vittorioso principe, il quale la pose sopra l'altre, e ripigliandola con le proprie mani se ne cinse la fronte.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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