Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LllìKU QUINTO.
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      immagini chi può. Vero è che ei dette mirabile prova d'una pazienza di cui nessuno de' suoi predecessori aveva porto esempio, allorquando mandò i vescovi di Bari e di Reggio, Rinaldo figlio del duca di Spoleto, e lo ammiraglio Arrigo conte di Malta perchè gì' impetrassero perdono ai falli non suoi, gli ottenessero che il pontefice porgesse ascolto alle suo discolpe, gli dimostrassero, lui in massima parte avere compiuta la promessa. De' mille guerrieri eh' era tenuto a mandare in Terra Santa, novecento cinquanta già trovavansi in Tolcmaide, altri trecento ne aveva mandati a sue spese. Delle centomila once d'oro, eh'erasi obbligato a pagare, ventimila averne pur dianzi date in Brindisi al gran maestro de' Cavalieri Teutonici ; le altre sessantamila averle già pagate, secondo il trattato, alle tre prime scadenze. Altro dunque non mancava che la sua partenza ; ma i suoi ambasciatori, che spettabilissimi uomini erano, potevano giurare sull' anima loro la infermità sua non essere simulata ma vera ; nondimeno appena la sua salute fosse rafferma, si recherebbe in Palestina.
      Non vi fu sforzo che i legati non facessero per muovere il papa alla giustizia o almeno alla clemenza verso il loro principe. Gregorio, sguainata la spada salutare, o come egli la chiama, medicinale, di San Pietro, chiudeva tenacemente le porte della chiesa a Federigo, ricusava di più oltre ascoltarlo, dicendo la Chiesa vietare al sommo pontefice di comunicare con uno scomunicato.1 Sofisma che all' atrocità congiungeva lo scherno; ma se a que'tempi correva per le bocche di tutti la sentenza: — chi fa legge ben può disfarla — o il papa che aveva la potestà di colpire d'anatema un cristiano, non doveva egli avere quella di prosciogliernelo ? Se non che • gì' inebriavano la fantasia e il castello di Canosa, e Gregorio VII trionfante, ed Enrico IV ridotto all'estremo d'ogni umana miseria, e lo impero prostrato ai piedi del sacerdozio ; la fortuna gli porgeva nelle mani la vittima, ed egli con vigliacca voluttà rificcava il coltello nella piaga che la sciagura aveva dianzi aperta nel cuore dello altero principe.
      Qui ebbe fine la pazienza di Federigo, il quale tosto s'accorse esser mestieri uscire dal sentiero della moderazione da 1 Regista Gregorii IX, lib. I.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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