Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      libro quinto.
      5 il)
      sentirsi reo di nulla per meritare lo minacce della spada spirituale. Egli non intendeva di ledere minimamente la potestà spirituale che emanava dall'apostolico ministero; che anzi voleva difenderla, serbarla intatta, ed ingrandirla. Ma egli imperatore aveva pieno potere e debito impreteribile di governare le cose temporali.
      Ottone, seguitando il cammino per la via di Rieti e traversando gli Abruzzi, giunse a Capua, dove trovò Diopoldo conte di Salerno con le suo milizie — uno de' signori del regno coi quali lo imperatore aveva fatto pratiche innanzi di accingersi alla impresa — che poi ebbe la investitura del Ducato di Spoleto. Napoli aprì volontaria le porte. Aversa si arrese. Ma dalla città d'Aquino, valorosamente difesa dai signori di quella rimasti fedeli al re di Sicilia, gli fu forza levare lo assedio, e tornarsene a Capua per isvernare. L'armata pisana era ancorata presso l'isola di Procida.
      Il papa fremeva di sdegno; aveva ormai perduta ogni speranza di vedere tornato alla obbedienza della Chiesa il perverso figliuolo, ne giurò quindi la rovina, ma essendo uomo accorto e profondamente astuto non avventò il colpo senza essere sicuro di cogliere nel segno. Dai comuni d'Italia poco poteva aspettarsi; meno anche da principi e dai prelati d'Ale-magna. Ottone aveva spedito in Lombardia per mantenersela in fede il patriarca d'Aquileia; e aveva ai vescovi tedeschi concesso nuovi favori. Stando così le cose, sguainare la spada di San Pietro sarebbe stato inutile, anzi peggio che inutile, stolto partito. Neil' inverno adunque mentre Ottone rimaneva in Capua, Innocenzo gli mandò ben cinque volte l'abate di Mori-mondo perproporglicondizioni di pace. Lo imperatore si stette sempre inflessibile, e volendo combattere il papa con le armi della dialettica con che i suoi legati cercavano di vincerlo, rispose se il papa voleva eh'egli desistesse dalla impresa della Sicilia, sciogliesselo dal giuramento che nel dì dell' incoronazione gli aveva fatto profferire, di ricuperare, cioè, e conservare allo impero i beni ingiustamente dispersi,1 e perchè la^ Parole della formula ilei giuramento clic proferiva lo imperatore nella cerimonia della incoronazione. Vedi P Ordo Coronationis, presso Pcrtz, T. II.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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