Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      storia diCI comuni italiani.
      tomento querelandosi.1 I popoli cominciavano a fremere; gli stessi guelfi a sospettare : il patriarca poneva in pericolo la causa del suo signore, e F avrebbe certo ridotta a male se Ottone indugiava più lungo tempo a passare le Alpi.
      X. Ei venne con tutta la regia magnificenza, accompagnato da un esercito grande.s Non ostante che F Italia s'impaurisse e forte sospettasse di tanto insolito apparato guerresco, Ottone primamente si mostrò in contegno di paciere. Spente voleva le dissensioni, estinti i vecchi rancori, perdonate le offese ; non parte d'impero, non parte di chiesa ; non più ghibellini, non più guelfi; lo impero e la chiesa si davano un amplesso di pace: pace dunque e letizia a tutti. Ei lo diceva, e forse schiettamente lo desiderava: ma è nelle umane società una forza che a guisa di gonfio torrente non s'infrena per mano d'uomo, forza che gli odierni politici chiamano spirito pubblico, pubblica opinione, sentire popolare, e che mena nella sua rapina ogni ingegno ed arte d' uomo. Lo spirito di parte in Italia aveva messe profondissime radici. Uomo non v' era che valesse a dominarlo. Da centocinquanta e più anni i popoli tempestavano, e stavansi a contemplare uno spettacolo d'inganni, di fraudi, di perfidie, di assassinii, d'ogni iniquità, spettacolo osceno offerto dai supremi dominatori, il quale non era scuola dove le genti potessero imparare erudimenti di virtù morali o civili. I dominatori avevano seminato lo scandalo e la perfidia, e raccoglievano il disordine e la disubbidienza. Le infime classi si specchiavano nelle alte; i popoli rifacevano le scene de' grandi, con meno arte ed enor-mezza, ma pur quelle. In tale stato di pubblico sentire non v' era imperatore comunque buono e valoroso, pontefice comunque savio, che potesse indurre a duratura concordia le traviate genti. Le fazioni, già da tanti e tanti anni in perpetuo travaglio, sul cadere del secolo duodecimo avevano acquistato nuove forze. Ho addietro rammentato cho i comuni d'Italia, crescendo e facendosi più potenti, avevano quasi tutti domato i nobili feudali, e disfattone le torri e i luoghi fortificati, li avevano costretti a porre la dimora, o come
      1 Epitt., XII, 77,78.
      8 Chronicon l'Otiti' Novce, presso Muratori, Script. Rer Ital.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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