Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      libuo QUARTO.
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      al suo signore, ed insieme si avviarono verso Palermo metropoli del regno. La regina Sibilla allo appressarsi dello inimico mandò il giovano Guglielmo 111 nel castello di Caltabel-lotta, e si rinchiuse nella reggia che sorgeva munita di torri e di fortissimi bastioni alla punta occidentale della terra. Giuntovi Enrico, accampò presso alle mura, intimò la resa e si dette a devastare spietatamente quegli amenissimi giardini. I Palermitani vedendo impossibile la resistenza, proposero condizioni e si arresero, Lo imperatore acecttolle, ed entrò trionfante nella città parata a festa tra gli applausi della popolazione, e si fece dallo arcivescovo incoronare.
      Poiché tutta Sicilia ebbe piegato il collo sotto il giogo tedesco, a Sibilla e Guglielmo altro partito non rimase che venire ad accordo col vincitore, il quale promise di lasciare al giovine re la contea di Lecce e farlo principe di Taranto, e non privare la madre e le sorelle di lui degli averi patrimoniali. Sibilla e Guglielmo, posciachò fu giurato il patto, pre-sentaronsi umiliati ad Enrico, facendo, prostrati ai suoi piedi, una formale rinuncia d'ogni loro diritto al reame, e giurandogli obbedienza.
      XXVIII. Udite ora in che modo lo augusto imperatore mantenne la santità dei patti, e trattò i Siciliani che lo avevano acclamato, e colmato d'inestimabili presenti. Nel dì di Natale congregò una generale assemblea dentro la reggia; palesò avere scoperto tramarsi ai suoi danni una congiura, la sicurtà sua e dello stato richiedere ch'egli punisse inesorabilmente i colpevoli. Pose quindi le mani addosso a Guglielmo, alla madre e alle sorelle di lui, all' arcivescovo di Salerno, ai vescovi d'Ostumi e di Trani, ed a molti altri prelati e baroni; e gli gettò tutti in prigione: e senza forma nessuna di giudicio comandò ai carnefici cominciassero il loro sanguinoso lavoro. Guglielmo, Margaritone, l'arcivescovo di Salerno, e molti altri furono abbacinati, parecchi scorticati vivi, altri arsi a fuoco lento; de'vescovi e baroni che erano intervenuti alla incoronazione di Tancredi chi fu consunto dalle fiamme, a chi conficcata sul eapo una corona di ferro rovente; innumerevoli furono gì'impiccati, i sepolti vivi, gì'immersi nell'acqua bollente, gli affogati in mare: era un conti-


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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