Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      3'JOSTORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      moni. Se la parte ne volesse chiamare de'nuovi, i consoli designavano il giorno in cui si potessero produrre, e i notaj lo registravano. Le condanne pecuniarie si profferivano anche nei giorni feriali dal giudice o dal suo assessore. Il condannato pagava la pena, se pure, secondo il costume, non cedeva i beni sopra una pietra a ciò destinata, e posta presso il palazzo pubblico nella piazza de'mercanti, la quale cerimonia importava dichiarazione di fallito. Frequente era l'uso de'giu-dizii di Dio; quello del ferro rovente era stato abolito perchè troppo barbaro , ma continuava ad usarlo santamente l'arcivescovo ne'luoghi soggetti alla sua giurisdizione temporale. Quello dell'acqua fredda facevasi in questo modo: il reo dopo di avere giurato, prendeva un fanciullo innocente, e legatolo con una fune, lo gettava nell'acqua; se ei s'immergeva, il reo veniva assoluto, se rimaneva a galla, il reo veniva condannato. Più frequente anche era l'uso del duello giuridico, dove si trattasse di furto, d'incendio, o di guasto equivalente a un danno maggiore di sei soldi. Per il modo peculiare con che si faceva, va brevemente rammentato.
      Il reo poteva, con l'assenso del giudice, combattere da sè, o per mezzo d'un campione. Giunto il giorno stabilito dal console, i combattenti sentivano la messa, e deposte le armi sopra l'altare, ricevevano la benedizione del sacerdote; e recatisi nel consolato, eseguivano il duello, presente il console, nel luogo medesimo dove era stata profferita la sentenza. Avanti la pace di Costanza facevasi nella pubblica via con forme diverse e alla presenza del messo regio. Prima di combattere le parti stabilivano il modo; ma per le più volte il duello facevasi col bastone, e i combattenti coprivansi il capo con lo scudo, e la schiena e una gamba con un panno di feltro. Il combattente non giudicavasi vinto finché nel cadere non avesse toccato il suolo col capo.
      Molti erano i delitti che si punivano con la pena di morte. La pativano il parricida, lo stupratore violento, l'adultera, ove non fosse meretrice pubblica e famosa, e gli avvelenatori. Il sodomita era arso vivo. Alle forche erano dannali coloro che commettevano furto maggiore di cento soldi di tcr-zuoli fatto fuori dì città, o casa ; e di cinquanta lire di terzuoli


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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Dio Costanza