Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      410 STORIA DEI COJIUXI ITALIANI.
      scitare contro Milano il male sopito sdegno di Pavia e di Cremona. Le antiche scissure si fecero più gravi, e ai Milanesi fu forza riannodare le vecchie alleanze, ed essere studiosi dell' amicizia di Piacenza, Crema, Novara, Vercelli, Verona, Bologna, Faenza, Treviso, e giovarsi de'loro soccorsi nelle frequenti guerre, che comunque misere e minute, non erano meno devastatrici e fratricide.
      In cosiffatta condizione di cose non era possibile che i comuni ottenessero la quiete interna, e fermassero durevolmente la forma de' loro governi. In Milano dal tempo che fu cacciato il potestà imposto dall' imperatore, capi del comune erano stati i consoli che si eleggevano, secondi) l'antica costumanza, in ciascun anno. Ma perchè nel crearli seguivano sempre gravi turbolenze, fra il popolo che voleva usare del suo pieno potere e i nobili che pretendevano ad arbitrio loro disporre delle supreme magistrature, spesso ricorrevasi allo spe-diente di creare un dittatore, e sottoporsi alla volontà di quello. E però la plebe considerando il governo consolare come oppressivo, volle ed ottenne il governo del potestà un dì tanto aborrito.
      Ma ciò fu nuova sorgente di discordie e di mali gravissimi. Dal 1186, anno in cui dal popolo fu creato il primo potestà , fino a che il comune non cadde sotto gli artigli di un principe,Milano rende immagine dell'infermo che non trovi posa sopra nessun fianco, e col continuo rivolgersi ora da questo ora da quel lato cerchi schermo al proprio dolore. La città, come fu già accennato, fino da'tempi di JEriberto trova-vasi scissa in fazioni. Con lo andare degli anni, invece di estinguersi, crebbero, si suddivisero, ed inferocirono. Come la fazione de' nobili erasi scissa in due, cioè in quella de' maggiori, capitanei, ossia nobili che avevano feudi, e in quella de' minori, che senza possedere feudi fruivano di alcuni privilegi della nobiltà feudale, o erano cospicui per dignità o ricchezza, fazione chiamata col nome di Motta, così la fazione popolare si divise anch'essa in due; una comprendeva le arti maggiori, ovvero i cittadini dediti al traffico, edicevansi Paratici, l'altra era formata dagli esercenti le arti minori o vili, e generalmente dalla plebe. Questa si riordinò creando magi-


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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