Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      3'JO STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      stara sul pendio del disordine ed agevolmente tumultuava; ed innanzi elie la flotta partisse per la terza crociata , la plebe si spinse a tali enormezze che, ucciso Lanfranco Pevere consolare e spettabile cittadino, i nobili corsero alle armi per vendicarne la morte. I facinorosi furono posti in fuga e le case loro devastate. I vincitori, non paghi del temporaneo trionfo, vollero renderlo perpetuo, e fecero disegno di mutare lo stato, rifacendolo in modo che le fazioni rimanessero dome. Proposero quindi nel Consiglio o nel Senato di abolire il governo consolare, e creare un potestà a somiglianza de' comuni lombardi. Gli amatori del vivere libero rimasero attoniti all' audace proposta; confessarono esistere pur troppo i mali che si adducevano come pretesto a quella riforma, ma potere trovarsi altri rimedii che non conducessero alla rovina il comune. Dissero in fine non esser giusto venire a tanta mutazione di cose senza lo assenso di molta parte della cittadinanza che versava il proprio sangue oltremare, e scongiuravano di differire fino a che la flotta fosse tornata da Palestina. Insistevano i partigiani della riforma ; seguirono alterchi oratorii e ricriminazioni per più giorni; inasprivansi maggiormente gli animi, allorquando un uomo di grande autorità propose si serbassero i consoli de'placiti, quattro pei quartieri della città, e quattro per quelli del borgo; si sospendesse l'ufficio de'con-soli del comune, e si creasse, in via d' esperimento, un potestà per un anno. Il partito messo a'voti, si vinse nell'ottobre del 1190; e nel febbraio dell'anno susseguente un gentiluomo bresciano, detto Manegoldo da Tetocio, assunse l'ufficio di potestà di Genova. La sua condotta rispose pienamente alle speranze di tutti; e ciò che era un semplice saggio, divenne forma permanente di governo.
      Non sappiamo quali patti a lui fossero imposti; ma serbasi un documento che contiene le regole per la creazione del potestà di Genova. Era scelto ciascun anno da trenta elettori nominati dal Consiglio. S'egli accettava, gli si mandavano due nunzii, perchè nel Consiglio della sua città gli facessero giurare che non vedrebbe gli statuti di Genova se non dopo d' aver fatto solenne giuramento di osservarli; avrebbe venti persone per il suo servizio, tre cavalieri, e due otre giudici.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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