Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      3'JOSTORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      ostacoli che altrove riescivano di gravissimo inciampo alla quiete pubblica ed allo esplicamento del vivere civile; e il governo ebbe sempre invincibile repugnanza ad ammetter nella patria chiesa chierici non veneti, e non volle concedere mai le alte dignità ad altri che ai cittadini della repubblica ; e lasciando al clero libertà nelle cose prettamente spirituali, gli tolse l'arbitrio delle temporali. 1 chierici, qualunque si fosse la dignità loro, non potevano alienarci beni delle chiese senza il consenso della potestà secolare, la quale li considerava come semplici amministratori delle largizioni de' fedeli o dello stato; e quindi inabili a disporre di cose sopra cui non avevano vero dominio.
      XI. Del modo con che i tre comuni marittimi reggevano le loro colonie, e quindi della storia del loro commercio dovendo trattare più innanzi, qui faremo poche parole delle leggi marittime che esse osservavano in que' tempi.
      La politica degli stati marittimi verso gli stranieri, ed in ispecie verso lo impero greco, consisteva nel barcamenare. Loro primo scopo era quello di acquistare più estesi privilegi in Levante ed assicurarseli, per fare il maggior guadagno possibile ne' traffichi tra l'Oriente e l'Occidente. A cotesto fine accorrevano con le loro formidabili flotte alle crociate. Non parevano mossi dall' universale sentimento religioso; poco cu-ravansi della liberazione di Terra Santa; riconoscevano sempre il governo di fatto. Collegavansi senza scrupolo agli usurpatori del trono bizantino. Prevalendo i cristiani, ottenevano franchigie. Appena i maomettani conquistavano qualche terra, le colonie delle tre città adoperavano ogni mezzo per fare riconoscere i privilegi e tutelare gli stabilimenti loro,e nulla o poco badando alle scomuniche de'papi,1 provvedevano i principi musulmani delle merci d'Europa. Volevano sì il trionfo del cristianesimo sopra l'islamismo, ma non tanto per princi-
      1 I Pisani, costretti ad obbedire al divieto de' Pontefici, ricusavano di portare in Egitto armi, ferro, pece e legname. Saladino scriveva loro : « Noi abbiamo ordinato ai Pisani, che quando vengono navigando a noi, portino con loro quei generi, nei quali sogliono fare un gran lucro, cioè ferro , legname e pece ; cose che per vii prezzo appresso a voi si trovano, e che nelle terre nostre si vendono più caramente. Ciò sarà a noi di grandissimo servizio. » Dal Codice Sarac. Arab. citato dal Kanucci, lib. II, cap. 5.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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