Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO QUARTO.
      4-27
      zione spirituale. Varii altri vescovi di terre soggette alla repubblica riconobbero il Gradense come primate, al quale furono anco sottoposti i pastori delle terre cbe i Veneziani possedevano in Levante.
      Mentre Federigo Barbarossa ardeva d'ira contro Venezia che s' era fatta motrice de' comuni lombardi, e sosteneva validamente la Lega, Oderico, o come altri lo chiama, Ulrico patriarca d'Aquileja, mentre era doge Vitale Michiel II, raccolto buon numero d'armati, accompagnato da' suoi canonici, aggredì l'isola e la saccheggiò. Ma in tanto che imbarca vasi, seco recando ricchissime prede, si vide circondato dalla flotta veneta che ivi era frettolosamente accorsa sotto il comando dello stesso doge. Il patriarca e i suoi canonici rimasti prigioni, furono costretti a redimersi con un tributo che parrebbe strano ai dì nostri, ma che è mirabile significanza dei costumi di quei tempi. Il governo veneto impose al patriarca di mandare ogni anno a Venezia un bue, dodici porci ed altrettanti pani, simbolo del patriarca e de'suoi canonici, dal che ne nacque l'annua festività del giovedì grasso che durò fino alla caduta della repubblica; ed era questa. Il doge, seguito da sei consiglieri, reeavansi alla sala maggiore del palazzo; lo ingresso era dato a tutto il popolo; aggredivano e distruggevano con bastoni ferrati alcuni artefatti castelli, poi tagliavano le teste al bue ed ai porci, che erano stati condotti pomposamente per tutta la città, e ne distribuivano le carni alla festeggiarne moltitudine.1
      Dopo la pace fatta in Venezia tra Alessandro III e il Barba-rossa, cessò la vecchia contesa fra i due patriarchi; e nel 1180, tenendo il seggio di Grado Enrico Dandolo, vecchio di gran senno, d'intemerata fama ed a tutti venerabile, ne nacque un concordato con cui il Gradense rinunziava a tutte le sue ragioni sopra il patriarcato d'Aquileja, e sopra i tesori e i ricchi arredi che il fiero Popone, antico vescovo aquileiense, aveva rapiti alla chiesa di Grado. Dopo quel tempo la chiesa veneta, quasi poco si curasse della universale riforma di Gregorio VII, si fuse nello stato, o almeno non gli oppose quegli
      1 S aneli, luogo citato.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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