Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      3'JOSTORIA DeI COMUNI ITALIANI.
      lui fossero tali eh' ei si potesse siffattamente punire. Se 110, i consoli modificavano la pena a loro arbitrio. Se lo aggressore era figlio di famiglia avente l'età di venti anni in su, mezza la multa pesava sul padre; di venti anni in giù, rimaneva in potestà dei consoli lo scemare 0 commutare la pena. Delle sopranotate multe la terza parte andava a beneficio del comune. 1 — Perchè in un litigio le parti avverse avessero la debita difesa, i consoli, con dimanda 0 senza dimanda, la stabilivano. Al difensore invitato, se non adempiva di buona fede l'ufficio proprio, non era permesso d'esercitare la propria professione finché durava il consolato de'consoli giudici in quella causa. ! — Ad ovviare ai luttuosi effetti de' tumulti cittadini che cominciavano ad inferocire, non era concesso edificare dentro la città torri che avessero altezza maggiore d'ottanta piedi: i violatori della legge erano multati, a ragione di venti soldi per ogni piede, e quella parte del fabbricato che avanzava la mèta prescritta, veniva distrutta. Era vietato, senza licenza de'consoli, lanciare proiettili di qualsifosse specie dall'alto delle torri, anco in tempo di combattimenti. Se 113 seguiva omicidio, la torre veniva distrutta; se non seguiva, i padroni della torre pagavano venti lire di ammenda per ogni atto di trasgressione, e non potendo pagarla, erano puniti con la distruzione di due solai della torre.3 — Se alcuno senza licenza dei consoli si presentava armato al parlamento, pagava un'ammenda di lire dieci, ove ne possedesse cinquanta 0 più: se era figlio di famiglia d'età minore di venti anni, il padre era tenuto a pagare, e non pagando, gli venivano guantati i beni facendovi un danno equivalente a lire dieci; avendo meno di lira cinquanta, pagava cinquanta soldi. Erano anche multati i portatori d'armi vietate. 4 — L'omicida veniva pu-
      ! Ivi, XVII, XVIII.
      s Ivi, LXX. Si aliqua persona proclamationem ante nos feeerit quod aduocatores aut aduocalorem linbero non possit in placito quod indicare dc-beamus . aut dixerit quod aduocatores liabeat sed suffìcicnter liaberc non possit. de equandis partibus in nostro erit arbitrio. Et si aliquem advocatorem aliqui parli iungero voluerimus et per nos eam portelli bona fido adiuvarc voluerit. eum advocatorem per totum nostrum consulatum ante nos placitare non permittimus ». Raffronta questa legge con quella del Codice Romano. Digest, lib. I, tit. 46, leg. 9; e Cod. Inttin. lib. II, tit. 1G, leg. 7.
      8 Ivi, XXVI, XXVII, LXVIII.
      * Ivi, XXVII, XXX.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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