Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      326 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      beri, distrussero gli edifici, fecero deserto in tutte le campagne anconitane. Nei primi giorni dello assedio gli Anconitani vollero provarsi di cacciare con l'armi l'inimico lungi dalle loro mura. Uscirono in campo, pugnarono miracolosamente, ma furono sconfitti, e scompostamente si richiusero dentro. Gli assediati a quella sciagura si credettero perduti; mal sicure erano ,le difese e disadatte a lunga resistenza, somma la scarsitą de'viveri.1 Nulladimeno tennero fermo per parecchi mesi tollerando con indicibile costanza i loro mali. Come lo arcivescovo conobbe le misere condizioni della cittą, celercmento manda ad intimare la battaglia; ordina e divide le schiere, fa dar nelle trombe e ne' timpani, e spinge presso le mura i combattenti che si avanzano urlando e schiamazzando orridamente. Gli Anconitani suonano a stormo le campane, si raccolgono, escono tutti gli atti alle armi assordando l'aria di non meno fieri clamori, e sebbene siano estenuati dalla penuria, affrontano l'inimico con incredibile impeto. Segue una mischia, uno scompiglio universale; amici ed inimici non vagliono a riconoscersi avviluppati entro un nembo di densissima polvere sģ che a pochi passi l'uno mal poteva discernere l'altro, nessuno intendeva nč era inteso, menavano le armi alla cieca; il clangore delle trombe, lo scalpito, il nitrito de' cavalli, gli urli, le bestemmie, i lamenti facevano una scena d'inferno.
      Frattanto alcuni dello esercito imperiale giungono fino ai Veneti, e ascendono sulle navi, e le muovono verso la cittą per gettarsi sul lido ed aggredirla dal lato opposto a quello dove ferveva sempre accanita la pugna. I consoli con mirabile vigilanza mandano ad opporsi allo sbarco tutti que'citta-dini, le case de' quali erano presso il porto. Accorrono velocissimi e fugano i Veneti togliendo loro le galee che essi avevano predato ; nel tempo medesimo le schiere dello arcive-
      laceravano 1' Italia , generosamente esclama: « Non eredatn Italiani posse fieri tributariam alieni, nisi Italicorum malitia procederei ae livore: in legibus enim liabetur: Non est provincia sed domina provinciarum. Quid plnra? Omnes quotqnot crani a confinio Apuleae usque Ariminnm ad praefatam venere obsidionem. j> Ibid.
      1 Intorno al caro dei viveri, vedi Boncompagno elio riferisce lo enorme prezzo di certi commestibili.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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