Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO TE11ZO.
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      Quivi, pochissimi giorni dopo, convocò una dieta. Coloro che si rammentavano del numero degli accorrenti alle anteriori ragunanze, potevano fare il raffronto con questa che fu scarsa e quasi derisoria. 0 che la ebbrezza dell' orgoglio imperiale gli avesse fatto velo alla ragione sì che non conoscesse la immensità della sua sciagura, o che veramente egli non sapesse la grandezza della Lega; vero è che la convocazione di quel parlamento fu un funesto errore politico. Di tutte le città lombarde solo Novara, Vercelli e Como mandarono deputati; de' feudatari v' intervennero il marchese di Monferrato, il conte di Biandrate, i signori del Seprio, della Martesana, di Belforte, ed Obizzo Malaspina che si trovava in Pavia. Dichiarò ribelli tutte le città della lega e le mise al bando dello impero, tranne Lodi e Cremona, perocché le credeva più presto traviate o forzate che colpevoli, ed intimando a tutti, città e signori, che lo seguissero con le loro milizie, gittò rapidamente il guanto in mezzo all' assemblea, e indisse la guerra.
      Chiusa la dieta, andò, con le milizie degl' intervenuti a Pavia Osteggiando le contrade milanesi e ad essa vicine, cioè Rosate, Alibiategrasso, Magenta, Corbetta. La lega teneva d' occhio i passi dell' inimico, e non mise tempo tra mezzo a farglisi incontro. Mentre da Lodi si mossero i Lodigiani, Bergamaschi e Bresciani, da Piacenza uscirono i Parmigiani e Cremonesi. Con le poche sue forze e con le genti dei mal fidi vassalli non si volle avventurare ad un combattimento, ma destramente si volse contro Piacenza : accorse anche quivi le milizie federali, non ne sostenne lo scontro, e indietreggiò fino a Pavia, dove faceva pensiero di passare la stagione invernale.
      Fino al mese di marzo 1168 continuò a far guerra minuta , evitando sempre di correre il rischio d' una grande giornata campale: ma quello iterare di scaramucce con che ingegnavasi di coprire la propria impotenza, la quale si rendeva in ogni scontro più manifesta, gli tolse la reputazione; e siccome era l'età de' giudizi di Dio, da questo suo continuo indietreggiare, cansarsi, o fuggire, i popoli e per fino lo sue genti credevano che il cielo proteggesse la giusta eausa de' ribelli contro la nequizia del loro oppressore. Fede-
      Sloria dei Comuni italiani. — t. 27


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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